Tutti amano i Mondiali. Tutti quanti non vedono l'ora che quattro anni passino velocemente affinché di nuovo in campo tutti i grandi fenomeni del calcio mondiale (salvo qualche eccezione) siano presenti nella stessa nazione, nello stesso mese, negli stessi stadi, per contendersi il titolo che tutti noi abbiamo sognato di vincere almeno una volta nella vita.
Nel mio personalissimo sogno, decidevo la finale mondiale al novantaquattresimo minuto con una punizione scagliata da quaranta metri sotto l'incrocio dei pali, ma ognuno ha la sua partita dei sogni, a volte ispirata a avvenimenti reali, a volte totalmente inventata. Ma questo è il bello dei sogni, non costano nulla.
Ora, pensate un attimo ad una qualunque gara di un mondiale di calcio. Ogni partita nasconde aneddoti e su ogni televisione di questo pianeta presunti addetti ai lavori o curiosi showman analizzano in ogni dettaglio tutto il match: "Eh però sputare la saliva sul campo non si fa, proprio un brutto gesto da parte di Tal Deitali" (in caso di sconfitta), "Mamma mia che attaccamento alla maglia di Tal Deitali, pur di far vincere la sua nazionale ha letteralmente sputato sangue" (in caso di vittoria).
Per questo motivo una partita di un mondiale non dura mai novanta minuti. Una partita di mondiali è un flusso continuo che inizia il giorno prima del fischio d'inizio e termina due giorni prima di quella successiva.
Un match dei mondiali è un magma bollente che esce dal gigantesco vulcano del Pallone e inonda tutte le case dei paesi sottostanti stritolando tutto quello che incontra davanti. Semplicemente non riesci a pensare ad altro.
Ripensate solamente per un attimo all'ultimo mondiale brasiliano, e pensate alla magra figura fatta dai nostri azzurri. Cercate solamente di far riaffiorare dalla vostra mente tutti i servizi che avete visto o le notizie che avete letto. Pensate a quante volte esce fuori il nome Balotelli.
Balotelli si sposa, Balotelli segna all'Inghilterra, Balotelli provoca gli inglesi, Balotelli sbaglia gol clamorosi contro la Costa Rica, Balotelli assente ingiustificato con l'Uruguay, Balotelli scaricato dallo spogliatoio azzurro, Balotelli si taglia i capelli la sera dopo l'eliminazione. E queste sono solo una parte dei servizi che hanno circondato SuperMario per tutto il Brasile.
Alzi la mano chi ha ancora l'urlo strozzato in gola dopo questa azione.
La gente ama in maniera morbosa la coppa del mondo, e in maniera ancora più morbosa è interessata a tutto quello che accade alla sua nazionale. Gente che non sa dove si trovi il Costa Rica, impara a memoria la formazione titolare dei ticos che hanno sconfitto l'Italia, e gente che non sa le tabelline, sa calcolare alla perfezione il BMI di tutta la nazionale italiana di calcio.. magazziniere incluso.
Poco importa se passi il resto dell'anno ad insultare i calciatori per il loro stile di vita esagerato o se il tuo sport preferito è il curling. Tu la partita della nazionale ai mondiali la guarderai.
Il mondiale di calcio è la più grande incubatrice di leggende metropolitane e di storia da raccontare ai nipoti che esista sulla faccia della terra. Sul campo non ci sono 22 giocatori. Ci sono personaggi, storie, percorsi di vita completamente diversi l'uno dall'altro. Voi mi direte che è così anche nel resto della stagione.
Si, avete ragione, ma sembra che la gente non ci faccia molto caso per gli altri 11 mesi. Chi gioca anche solo un minuto ai mondiali può entrare nella storia.
Nella coppa del mondo in ogni partita si fa la storia, per una compagine positiva, per l'altra, ovviamente negativa.
L'ultimo mondiale ci ha regalato tante partite estremamente sorprendenti. Ma tutti quanti alla fine ci ricorderemo di un solo match, la semifinale di Belo Horizontedell'otto luglio 2014, a.k.a. Mineirazo.
L'evento più traumatico del calcio brasiliano, una Vergogna secondo i periodici brasiliani, che in alcuni casi sono letteralmente rimasti senza parole.
Ripensando bene a le ore che hanno preceduto questa partita era chiaro che le certezze fino ad allora granitiche di entrambe le compagini si sarebbero da un lato sbriciolate e dall'altro rinforzate. Ma il risultato finale, quel 7-1 che non si era mai visto in una semifinale mondiale, ha scosso gli animi dei brasiliani, come al solito convinti di avere il trofeo già in mano (anzi nei piedi di Neymar), come il terremoto di Valdivia ha distrutto la popolazione cilena, e in pratica ha consegnato il trofeo senza nemmeno giocare la finale ai tedeschi, che già consapevoli della loro grande forza, hanno capito che quella era la volta buona.
Di quella partita ricordo ogni istante, ricordo la mia faccia da pesce lesso ad ogni gol dei tedeschi, ricordo le reazioni di mia madre ad ogni palla infilata nella rete verdeoro, ricordo distintamente ogni fotogramma di quella partita.
Questa partita ha regalato una serie di istantanee che testimoniano quanto una partita del mondiale sia molto di più di una semplice partita.
Istantanea #1: The 12th man.
"Non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo è più felice che in uno stadio di calcio"
(Albert Camus)
Quando si dice che i tifosi sono il dodicesimo uomo in campo, molti pensino si tratti di un'esagerazione.
Evidentemente non hanno mai conosciuto Clovis Fernandes.
I mondiali del 1970 hanno influenzato un'intera generazione di tifosi e calciatori brasiliani. Quella squadra è l'ultima nazionale guidata da Pelé, è la squadra che si è aggiudicata definitivamente la Coppa Rimet. Quella squadra rappresenta il simbolo dello spirito nazionale verdeoro. Undici giocatori che si divertivano e facevano divertire, cresciuti con la palla ai piedi, ragazzi allontanatisi dalla criminalità delle favelas grazie al loro talento fuori dal comune.
In questa maniera hanno ridotto a niente di più che un allenamento la finale contro l'Italia, dominata con un 4-1 senza storie.
Proprio quella sera il giovane Clovis Fernandes stava guardando il match e prese una decisione sulla sua vita. Aveva deciso che un giorno ci sarebbe stato lui sugli spalti, un giorno lui sarebbe stato parte di quella gigantesca macchia gialla che si vede in ogni stadio in cui giochi la Seleçao.
Quarantacinque anni dopo Clovis è ormai divenuto celebre con il nome di "Gaucho da copa", e ha accompagnato la sua nazionale in sessantasei nazioni diverse, ha assistito a sette coppe del mondo, altrettante Copa america, quattro Confederations Cup e anche un'Olimpiade, che non guasta mai.
Clovis rappresenta l'immagine che il mondo ha dei brasiliani. Chiunque ami il calcio lo ha visto più di una volta, inquadrato dalle televisioni di tutto il mondo come un'attrazione nell'attrazione. Con quel sorriso addolcito da una punta di saudade, con quel baffone di prima classe e quel cappellone da spiaggia, lo avreste potuto immaginare su un bar di Copacabana, intento a servirvi un bicchiere di guaranà.
Il "gaucho da copa" è l'emblema della gioia di vivere brasiliana, eppure anche lui è dovuto crollare di fronte alla kriegsmachine tedesca.
Le sue lacrime dopo la sconfitta commuovono veramente in profondità. Perché cambiano il nostro punto di vista sul pallone. Il calcio è gioia, certamente, ma davanti ad una sconfitta del genere il calcio diventa l'emblema del mainagioia cosmico, una sofferenza in più rispetto a quelle di tutti i giorni.
E questo vale in maniera ancora maggiore per Clovis Fernandes, che da nove anni ormai combatteva contro un cancro, e che ormai era ben conscio che quello brasiliano era l'ultimo mondiale della sua vita.
Certo, la sua ultima apparizione in pubblico risale alla Copa America cilena dell'anno successivo, ma il gesto con cui voglio ricordarlo, la prima istantanea di questa raccolta di momenti unici, è il regalo della sua coppa del mondo (un'imitazione abbastanza ben riuscita) ad una piccola tifosa tedesca e alla sua mamma. Il suo augurio: "Portatela in finale, e continuate a sognare. Il nostro mondiale finisce qui".
E la sua vita, il suo sorriso, si sono spenti il sedici settembre del 2015, il cancro lo ha sconfitto e lui non ha fatto in tempo a vedere la sua nazionale vincere un'altra volta. Il Brasile ha perso il suo dodicesimo uomo in campo.
Istantanea #2: Sostiene Khedira
"La smetta di frequentare il passato, cerchi di frequentare il futuro."
(Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira)
Sostiene Khedira che sia stato tutto facilissimo. Tutto troppo incredibilmente facile per essere una partita di un mondiale, una semifinale per di più. Pare che Khedira avesse appena ricevuto una palla molto interessante da Kroos, ma che si fosse ritrovato due difensori addosso e lo specchio coperto da Julio Cesar, E lui, Khedira, passò la palla indietro al compagno, che la appoggiò in rete per la sua doppietta.
Sostiene Khedira che mai si sarebbe immaginato di vedere la stessa azione ripetuta neanche tre minuti dopo. Dice di non essersi mai sentito così onnipotente su di un campo di calcio, nemmeno quando da piccolo nascondeva la palla a tutti i suoi coetanei per le strade di Stoccarda. Sostiene che mai e poi mai si sarebbe aspettato di parteciparci a quel Mondiale, figurarci di vincerlo e di dominare il centrocampo in semifinale come un adulto in mezzo ai bambini.
Khedira sostiene di aver capito fin da subito quanto fosse grave l'infortunio. Ricorda che era una bella serata con un clima abbastanza mite per essere autunno. Dice Khedira che San Siro gli aveva fatto un'impressione splendida, e che lo trovava uno stadio meraviglioso. Era orgoglioso di poterci giocare con la sua nazionale, ed era felice di potersi godere la partita senza alcuna pressione. Cosa sarebbe mai potuto succedere di strano, si domandava?
Ecco cosa poteva succedere.
Khedira ricorda di aver sentito distintamente il rumore dei legamenti che saltavano, o molto probabilmente erano i suoi sogni di vittoria al mondiale che si spezzavano, Khedira non lo sa con certezza. Sa però che quando il medico lo ha informato della rottura ai legamenti crociati, ha perso ogni speranza di partire per il Brasile.
Sostiene Khedira che da quel momento è iniziata la sua fama di centrocampista dai muscoli di cristallo, e che purtroppo il suo corpo non ha fatto niente per smentire questa fama. Khedira ricorda di aver preso come niente di più che semplici parole di conforto quello che gli aveva detto al telefono l'allenatore Jogi Low. "Ti aspetterò" aveva detto, ma non ci aveva creduto affatto. Ammette Khedira che leggere il suo nome tra i trenta preconvocati del Bundesteam lo aveva sorpreso e non poco, era riuscito a tornare in campo in tempo per la più grande gioia da calciatore di club, ovvero la vittoria della Champions, ma riteneva che avrebbe tolto lo spazio a molti centrocampisti più meritevoli.
Sostiene Khedira di aver ripensato ad ogni istante di quegli ultimi sei mesi passati tra riabilitazione e fisioterapia, mentre era nel tunnel degli spogliatoi del Mineirao, pochi istanti prima di incominciare la semifinale. Dice che tutta la squadra era carica ed era sicura di potersi giocare il passaggio del turno. Ricorda di essere rimasto felicemente sorpreso dal vuoto lasciato intorno a Muller dai difensori avversari, ma gli sembrava veramente strano che una squadra così poco organizzata fosse arrivata così avanti.
Sostiene Khedira che la sua istantanea della partita contro il Brasile è l'istante prima di colpire la palla nella direzione dell'angolo basso a sinistra della porta difesa (malamente) da Julio Cesar. Ricorda quel momento come una delle decisioni più importanti ma allo stesso tempo facili della sua carriera. Sostiene che quel tiro abbia scoperchiato il Vaso di Pandora dei problemi calcistici brasiliani. Eppure Khedira dice che anche lui aveva dato del pazzo a Paul Breitner quando aveva definito il calcio brasiliano in rovina, scatenandosi contro la rabbia di un intero popolo. Ma solo ad un anno di distanza, sostiene, si accorse di quanto fosse vera quella frase.
Sostiane Khedira che quella vittoria lo aveva convinto del trionfo in finale, ma che a mente fredda aveva capito che non avrebbero mai dovuto giocare in maniera presuntuosa. Non basta avere il miglior portiere al mondo e neanche l'undici più completo tra quello delle nazioni presenti in Brasile, ma bisogna avere la testa. Ecco, ricorda Khedira, se avessero avuto la mentalità adatta anche nella finale, se avessero giocato sempre al massimo delle loro possibilità avrebbero vinto. Afferma Khedira che quella finale la giocarono proprio in quella maniera, e questo li fece vincere.
Sostiene Khedira che vincere un Mondiale sia un'esperienza impagabile. Le feste della notte brasiliana, il ritorno in mezzo alla folla festante, afferma, sono un qualcosa che niente potrà mai superare. Ricorda Khedira che in confronto a quella soddisfazione, la Champions League alzata al cielo nemmeno sessanta giorni prima dopo un calvario lungo sei mesi era un ricordo lontano e sbiadito nel tempo.
Sostiene Khedira che non avrebbe mai immaginato, quel 13 di novembre 2013, di diventare pochi mesi dopo solamente il terzo calciatore a vincere il Mondiale e la Champions nel corso della stessa stagione. E infine Khedira sostiene che la migliore scelta della sua vita sia stata quella di aver lottato per andarci a quel mondiale.
Istantanea #3: La solitudine di Fred
"Moacir attese l'arrivo dei suoi fantasmi. Erano puntuali,gli bastava chiudere gli occhi: ed eccoli, tutti lì, ad aspettarlo. Ormai erano diventati, nel bene e nel male, i suoi compagni, la sua disperazione e il suo conforto."
(Darwin Pastorin, I Portieri del Sogno)
Guardalo, Fred, con la testa piegata verso il basso, per non guardare negli occhi il pubblico che lo fischia, oppure per nascondere le sue lacrime dagli sguardi furiosi della gente, che ha già trovato il suo colpevole per la disfatta più umiliante della sua storia.
Guardalo solo un attimo, guarda l'attaccante che hai preso in giro per tutto il mese dei mondiali, condividendo quelle immagini su Facebook che lo dipingevano come un giocatore incapace anche solo di stoppare un pallone, figurarsi di segnare i gol decisivi per il trionfo brasiliano nel torneo casalingo. Guardalo, e pensa solo al suo stato d'animo. Pensa a come mesi di insulti lo abbiano segnato nel profondo, e pensa a quale potrebbe essere la sua vita in un paese che cerca sempre un capro espiatorio per ogni sconfitta, un paese scaramantico fino al midollo, che cerca in ogni maniera di trovare un motivo per discolparsi.
Fred potrebbe diventare il nuovo Moacir Barbosa.
Nella partita decisiva per la vittoria del Mondiale del 1950, al Brasile serviva anche un pareggio per alzare la coppa nello stadio di casa. Tutti erano certi del trionfo, non c'era alcuna possibilità di perdere.
A meno che...
A meno che in mezzo non ci siano gli uruguagi, e su un tiro di Alcides Ghiggia, Moacir non si faccia sorprendere, lasciando insaccare il pallone. Duecentomila persone cadono in un silenzio tombale. Si sentono solo le proverbiali mosche.
L'Uruguay è campione del mondo, Moacir Barbosa ha appena firmato la sua condanna definitiva.
"In Brasile la pena massima è di trent'anni, ma io sto pagandone più di quaranta per un crimine mai commesso!"
Il sette aprile del 2000, un attacco cardiaco stroncherà la vita, condotta in solitudine e povertà, del portiere più forte del Brasile negli anni '30, il capro espiatorio di un'intera nazione.
Se siete Brasiliani, non aprite mai e poi mai questo video
Sono certo che Fred non farà mai la fine di Barbosa, per i differenti guadagni fatti in carriera e una maggiore consapevolezza da parte di alcuni brasiliani che le colpe di 23 persone non possono ricadere su di una sola.
Nonostante ciò Frederico Chaves Guedes ha pagato oltremodo le sue colpe, indubbiamente. basta pensare che quando il suo omonimo Fred (Frederico Rodrigues de Paula Santos) è stato convocato in nazionale si sono scatenate le proteste dei brasiliani, che non volevano un omonimo del worst-striker-ever nella loro nuova nazionale.
Alla fine Fred ha deciso di ritirarsi dalla nazionale nella conferenza stampa post-finalina persa con l'Olanda, ma io sono sicuro che la sua decisione risalga proprio al fischio finale di quella partita con la Germania, proprio mentre i suoi occhi cercavano di discostarsi dagli sguardi pungenti delle persone, proprio mentre, probabilmente per la prima volta, aveva rimpianto la scelta di buttarsi anima e corpo nella sua passione del calcio.
Tutto quello che Fred si era costruito nella sua carriera si è disfatto in quei pochi minuti. Il gol da centrocampo dopo 3,17 secondi ai tempi dell'America-MG, che lo aveva lanciato nel grande calcio brasiliano, era scomparso nella mente di tutti. I titoli in Francia con il Lione dei record, andati, il Brasileirao vinto con il Fluminense dopo anni di digiuno da parte del Tricolor, via, portato via come sabbia dal vento.
Perdere tutto ciò che hai costruito in anni di onorata carriera, solamente perché, alla fin fine, il calcio brasiliano è in uno stato pietoso ed è legato ai capricci di quel fenomeno di Neymar, troppo grande per la sua età, ma troppo piccolo, o ancora inadatto a quelle che devono essere le caratteristiche di un leader.
Guardalo di nuovo, Fred, piegato con gli occhi fissi sul prato verde, spogliato di tutta quell'aurea di semidivinità che spesso circonda i calciatori. Non immaginarlo con il completo verdeoro. Immaginalo per strada, a novembre, in mezzo ad una folla inconsapevole della sua sofferenza interiore, con i capelli smossi dal vento e la barba incolta. Guardalo e dimmi, non la aiuteresti una persona in questo stato?
Istantanea #4: La partita vista da fuori
“What is human? An ability to reason? To imagine? To love or grieve? If so, we are more human than any human ever will be.”
(Sense8)
"Ney, ci hanno scoperto!"
"Che cazzo stai dicendo Mario?!"
"Non hai letto? Netflix ha deciso di produrre una serie di nome Sense8, che tratta di otto personaggi connessi tra loro telepaticamente."
"Ah, ok. Ma sei stupido o cosa? Secondo te hanno capito che i nostri cervelli sono connessi? Chiaramente è uno scenario che loro credono di fantasia. Non sanno nulla di noi. Piuttosto, tu non ti dovresti preparare per la partita? Guarda che quello infortunato sono io, e la gara inizia tra un quarto d'ora!!"
"No, Joachim non mi ha scelto tra i titolari, la partita la vedremo entrambi da fuori"
"Bene così. Cioè, ovviamente mi dispiace per te, ma almeno non potrai farci troppo male"
"Ma io non capisco come fai a essere così negativo, Ney, alla fin fine siete arrivati in semifinale, non sarete mica tanto degli scarpari."
"Ti posso assicurare che siamo la peggior nazionale brasiliana di sempre, se non fosse per me e per Thiago Silva molto probabilmente non ci troveremmo qui. Ti devo ricordare la traversa di Pinilla?"
"Allora le tue lacrime quando ti sei infortunato erano anche perché sapevi che non avresti potuto aiutarli?"
"Si."
"Comunque non credo che sarà una sfida facile. Con la Francia non abbiamo fatto chissà quale partita e se non fosse stato per Manuel che si è trasformato in difensore non avremmo nemmeno superato l'Algeria probabilmente"
"Se tutti vi considerano favoriti un motivo ci sarà. Io ho brutte sensazioni"
"Ma a voi brasiliani non ve le insegnano le marcature su calcio d'angolo? Grande Thomas!"
"Ehi, che ti aspettavi? Te l'ho detto, ci avreste punito alla prima disattenzione."
"Avete tutto il tempo per rimontare, non mettere le mani avanti"
"Senti, Ney, tu che la stai guardando in tv, mi sapresti dire la reazione che ha avuto Ronaldo? So che commenta per la televisione brasiliana. Deve essere duro per lui vedere la sua nazionale in questo stato e allo stesso tempo vedersi portare via il record di gol mondiali"
"Non so dirti come ha reagito ora esattamente. Ma conoscendolo di persona so con certezza che si sta rodendo all'interno in una maniera assurda. Entrambe le cose lo stanno facendo soffrire terribilmente. Ecco, e adesso con questo goal sto iniziando anche io a perdere la pazienza. Sembriamo bambini di nove anni."
"Non ci credo. Non stiamo giocando contro il Brasile, non ci posso credere. Neymar, ti posso assicurare che nessuno dei ragazzi qui in panchina sta credendo a quello che vede...No, non è possibile.. Ancora un gol. Questa partita, mi dispiace amico mio, ma è la cosa che più mi rende orgoglioso della squadra in cui gioco. Siamo fenomenali ragazzi. Avevi proprio ragione, siete messi male. Molto male"
"Non sai quanto mi dispiaccia avere ragione. Sapevo della nostra situazione ma mai avrei immaginato una cosa del...... COME CAZZO AVETE FATTO A PRENDERE QUATTRO GOL!!! Mario, sto per piangere, sappilo."
"Anche io sto per piangere, ma di gioia. Certo, non mi aspettavo di sfidare una nazionale così in balia degli eventi. L'atmosfera qua dentro è surreale."
"Non ti devi sorprendere, noi brasiliani siamo fatti così. Probabilmente non ci siamo mai ripresi totalmente dal Maracanazo"
"Ma allora non va niente, se pure Schurrle si è messo a fare gol del genere"
"Caro Ney, ormai non c'è alcuna pressione e si gioca con calma. Tutto è più semplice per noi, ed estremamente più difficile per voi."
"Hai ragione Mario. Ora però andate a vincere questa finale, soprattutto se sfiderete l'Argentina, immagino tu sappia quanto sarebbe insopportabile per i carioca vedere in casa un trionfo dei nostri vicini."
"Speriamo bene. Ormai non possiamo nasconderci, siamo i favoriti"
"Lo siete e meritate di vincere. Mario, spero tanto che il gol decisivo lo segni tu. Buona fortuna"
"Buon recupero, Ney."
Istantanea #5: Il sorpasso.
"Dai, Robe'! Che ti frega della tristezza? Lo sai qual è l'età più bella? Te lo dico io qual è: è quella che uno ha."
(Il sorpasso, 1962, di Dino Risi)
Il primo giugno del 2002, mentre a Roma un piccolo Acquistapace festeggiava il suo terzo compleanno, in Giappone, a Sapporo, un ragazzo polacco, appartenente alla minoranza tedesca, aspettava con ansia il suo esordio nella coppa del mondo, giocando con la maglia della Germania contro la cenerentola del girone, l'Arabia Saudita.
Giocherà una partita straordinaria, e nella pioggia di gol che colpirà i poveri sauditi, il giovane Miroslav Klose realizzerà una tripletta. Dodici anni, un mese, otto giorni e tantissimi gol dopo, Miroslav approfitterà dell'errore di Julio Cesar su di un suo tiro per avventarsi sulla respinta e trovare il suo sedicesimo gol in un mondiale, diventando il principale marcatore della competizione, davanti ad un brasiliano di nome Ronaldo Luis Nazario da Lima. Ovvero il Fenomeno per eccellenza.
Ronaldo e Klose. Due giocatori agli antipodi, ma allo stesso tempo due campioni. Come scrisse Sallustio, confrontando Catone e Cesare:
"Igitur iis genus aetas eloquentia prope aequalia fuere, magnitudo animi par, item gloria, sed alia alii." (Dunque, essi furono quasi uguali per nascita, per età, per eloquenza, pari la grandezza d'animo, e anche la gloria, ma di qualità differente.)
Proprio quel gol ci testimonia la lontananza tra i due campioni. Klose è piegato su se stesso ed è oggettivamente bruttino da vedere. Non esprime particolare potenza. Eppure è tremendamente efficace. A molti non piacciono questo tipo di giocatori, con poca tecnica ma con un senso del gol da urlo (Gerd Muller o Inzaghi), posso capirlo, ma è ingiusto parlare di questi campioni come fossero degli scarpari. In fin dei conti nel loro sport sia Steph Curry sia Anthony Davis sono considerati tra i migliori, ma rappresentano due facce opposte della stessa medaglia. Gli sport di squadra hanno bisogno di atleti con varie caratteristiche. Undici Messi molto probabilmente non combinerebbero niente in una squadra.
Alla fin fine a valutare i giocatori nella loro carriera sono i risultati, quelli di Klose parlano per lui: Ha segnato tanto dovunque abbia giocato, sia agli esordi col Kaiserslautern, sia col Werder Brema, sia a Monaco sia con la Lazio, oltre che ovviamente con la nazionale, dove ha battuto il record di gol detenuto proprio da Gerd Muller, anche se lo stesso Klose, con umiltà, ha sempre sottolineato come i gol del suo predecessore fossero arrivati nella metà delle partite, andando avanti ad un irreale media di oltre un gol in partita (68 gol in 62 presenze).
Nel momento in cui ha battuto Julio Cesar, Klose può effettivamente ammettere di aver concluso il circolo della sua carriera professionistica. Può dirsi un calciatore completo. D'altronde era chiaro fin da subito, vista la sua non esaltante stagione con la Lazio, come la sua convocazione fosse arrivata col solo obiettivo di superare il record di Ronaldo, e ogni volta che il polacco di nascita toccava il pallone un'intera nazione sospendeva il fiato. Questa è la potenza del calcio, che rende i propri campioni delle leggende a cui tutto il popolo vuole bene, quasi come i faraoni dell'Antico Egitto, che erano visti come vere e proprie divinità, anche quando poi in realtà erano persone vere e proprie, con vizi e virtù come tutti noi.
Tutti sognano di essere Miroslav Klose. Tutti, fin da piccoli, sognano di vincere i mondiali, e sognano di entrare nella storia di quella competizione, perché vuol dire scolpire il proprio nome nella roccia inscalfibile della storia del calcio, vuol dire essere ricordati per sempre.
Forse non ci si rende conto abbastanza di quanto grande sia questa impresa, forse neanche lo stesso Miroslav lo sa, o forse si. Sicuramente non si sarebbe mai aspettato che quella partita sarebbe passata alla storia per un altro motivo. E forse, vista la portata dell'evento, il record di Klose è passato esageratamente sotto silenzio.
Queste istantanee raccolgono a mio parere molto bene le emozioni di questa partita straordinaria. Rappresenta ogni sfumatura delle emozioni umane. La gioia, il dolore, le lacrime e i sorrisi. Perché il calcio smuove il nostro cuore, e ci fa gioire. Per questo motivo in tutto il mondo il calcio muove una fetta importante dei mass media e dell'economia. Per questo motivo il Mondiale non è un torneo come gli altri, e per questo nessuna partita dei mondiali dura semplicemente novanta minuti. Ma può durare ore, giorni, o addirittura anni, come questo Brasile-Germania dell'otto luglio 2014, meglio noto a tutti come Mineirazo.