In questa pagina sono contenuti tutti gli articoli fino al 4 febbraio 2016. Tutti gli articoli successivi possono essere trovati cliccando su blog e sfogliando le due sottocategorie Sport, Cultura e Long-form.
"Got no reason for coming to me And the rain running down There's no reason." -The Connells, '74/'75 Piangere. Tutti noi piangiamo, tutti noi abbiamo i nostri buoni motivi. C'è chi piange di gioia, o perché ha perso il lavoro. Il pianto è provocato dalle ghiandole lacrimali ed è uno dei processi più complessi che il nostro corpo produca. Molta gente non vuole essere vista quando esprime le sue emozioni più profonde con un pianto. Molti altri se ne fregano e piangono davanti a tutto il mondo, perché alla fin fine, piangere un po' fa bene ed è una cosa bellissima, perché dimostra un emozione, e le emozioni sono quello che ci differenziano veramente da un robot androide, o da un sasso. Parlando in maniera personale io piango molto poco. Il mio corpo reagisce in maniera spesso differente. Se qualcosa mi commuove, i brividi mi pervadono e la mia pelle sembra quella di un pollo dopo un viaggio in rosticceria, e non riesco a smettere di sorridere come un ebete. Se invece sono triste, o vedo qualcosa o sento una notizia che mi sconvolge, semplicemente reagisco tenendo la bocca e gli occhi spalancati, fino a che non riesco a comprendere esattamente cosa è successo. Questa è stata la mia reazione la notte del tredici novembre 2015, e anche quella della mattina del cinque ottobre 2014, quando Jules Bianchi finì sotto una gru nel gran premio del Giappone. Ma neanche io sono un automa, e qualcosa che mi faccia piangere esiste. Non è una scena d'amore di un film, o neanche il video di un tenero cane abbandonato e maltrattato. Ciò che mi fa piangere è il video di una canzone. Nel 1993 il gruppo americano alternative dei The Connells, creato a Raleigh, North Carolina, dai fratelli Mike e David Connell, pubblicano '74 '75, primo singolo dell'album Ring. La canzone, e neanche l'album, riescono a regalare fama al gruppo, che successivamente decide di cambiare completamente stile musicale. Ma improvvisamente, nel 1995, ad insaputa del gruppo, in Europa tutti notano quella sua musica leggera, a metà tra Alice in Wonderland e Sogno di una notte di mezza estate, quella melodia costruita su quelle tre note fatte con la chitarra, che si ripetono in continuazione, e sono la prima cosa che resta impressa della canzone. Il video riporta in pieno quell'atmosfera e si basa su di un'idea semplicissima ma d'effetto. Prendere le foto dell'annuario del 1974 della Needham B. Broughton High School, e far vedere, accanto ad ognuna di esse, come il tempo sia passato sui visi e sui corpi degli ex studenti. Lo studente con tre metri di capelli, che dopo vent'anni non ne ha più. La vittima sacrificale dei bulli che si è accorto di non essere un Lui, ma semplicemente una Lei dentro panni maschili, e ha ritrovato se stessa. E molto altro. Vedere questo video, con le sue riprese che trasudano anni '90 in ogni pixel, fanno da sole uscire le lacrime, perché ti prendono nel profondo, o almeno così hanno fatto con me. Spero vogliate premere il tasto play su questo video. Se alla fine avrete la mia reazione, sarò felice di avervi regalato un'emozione, ma se dal vostro viso non sgorgherà una lacrima, non pensiate di essere degli esseri senz'anima, alla fin fine siamo persone, e ognuno piange per ciò che gli provoca i sentimenti adatti. Vi chiedo solamente una cosa. Non vergognatevi di piangere. Mai. Non vergognatevi mai di mostrarvi al mondo per quello che siete. Grazie per avermi letto. Grazie per aver visto il video. Nel nord della Spagna, nella regione delle Asturie, si affaccia sull'oceano Atlantico una città di quasi trecentomila abitanti, Gijon, che rappresenta alla perfezione lo stereotipo della città spagnola. Soleggiata, con spiagge chilometriche, castelli del '500, pieno di possibili distrazioni che potrebbero colpire i giovani che abitano la cittadina luogo di nascita di Luis Enrique, l'allenatore che ha portato il Barcellona al secondo storico triplete. Proprio dal club azulgrana sono passati, chi prima chi dopo, due giovani calciatori a cui non manca certamente talento. Entrambi questi ragazzi sono stati prestati, in questa stagione (uno dalla Roma e uno dal Barça), allo Sporting de Gijon, la squadra che rappresenta nella massima serie spagnola il Principado de Asturias. Alen Halilovic, trequartista da Dubrovnik (o Ragusa, se preferite la traduzione all'italiana), ennesimo prodotto della Dinamo Zagreb, che il Barcellona si è assicurato dopo aver scoperto il suo soprannome di Nuovo Messi (uno dei tanti eredi della Pulce), e Antonio Sanabria, da San Lorenzo in Paraguay, che i catalani hanno lasciato libero di accasarsi alla Roma, notato dai sapienti occhi di Walter Sabatini. Senza tirarla troppo per le lunghe, loro due sono i motivi per guardarsi ogni weekend le partite di questo piccolo club che può vantare una delle bacheche più polverose e leggere di Spagna. Perché? Molto semplicemente, perché sono una delle coppie d'attacco meglio assortite che esistano in Europa, perché il futuro è loro e perché sono una macchina produttrice di skills a getto continuo, con una tecnica individuale da orgasmo immediato. E poi in due fanno trentotto anni, meno di quanti ne abbia l'ultima grande bandiera del calcio europeo, Francesco Totti. E adesso ecco un po' di puro godimento calcistico. #Nutmeg Alen è un calciatore. Alen quando l'arbitro ti fischia un fallo contro non sta fermo a guardare. Alen si alza il pallone e lo lancia in aria. Alen umilia con un tunnel l'avversario incazzoso che lo voleva riempire di schiaffi a due a due fino a che non diventano dispari. Alen è intelligente. Sii come Alen L'intesa vincente.... Affinché una coppia d'attacco funzioni alla perfezione bisogna che ci sia un'intera perfetta tra i due componenti del reparto offensivo. Uno fa l'assist, l'altro la butta dentro. Sembra semplice ma non lo è. Anche se sul 4-1 per la tua squadra la difesa avversaria è abbastanza distrutta da aprirsi come burro per lasciarti fare il quinto. P.S. Con questo tiro, Sanabria ha realizzato la sua tripletta. Not Bad Tony. ....Anche fuori dal rettangolo Secondo uno studio scientifico della University of Cambridge essere amici fuori dal campo migliora di oltre ottanta punti percentuali l'intesa in campo tra due calciatori. No, scherzo, nessuno in Inghilterra ha (per il momento) fatto uno studio del genere, però se l'amicizia non aumenta così tanto l'intesa, comunque un pochino aiuta a trovarsi meglio dentro al campo. Non si vince di sola tecnica Soprattutto se sei una prima punta e il tuo compito è segnare, è fondamentale sfruttare tutti i crolli della (molto rivedibile in questo caso) difesa avversaria, e se anche la fortuna ti accompagna, ti serve comunque molta freddezza per dribblare il portiere avversario e concludere in rete. Imparare dai migliori Una grande coppia deve imparare da una grande coppia. Alen e Antonio in campo combinano tra loro talmente bene che sono abbastanza sicuro che siano due tifosi Clippers che giocano ad imitare Paul&Griffin. E siccome non trovo i video delle giocate che ho visto fare a questi due ragazzi insieme, godetevi questa schiacciata da Slam Dunk Contest con protagonisti Chris Paul e Blake Griffin che fanno sempre bene. Infine, visto che grazie a questo articolo mi sono innamorato ancora di più del talento di Alen Halilovic, ecco una lista di tre cose che somigliano al suo dribbling: 1- L'agilità felina di Henrik Kristoffersen. Stessa rapidità di gambe, stessa eleganza e stessa leggerezza. E infine anche gli stessi capelli biondi e la faccia da bravo ragazzo. 2-La scena di The Imitation Game in cui Alan Turing (Benedict Cumberbatch) propone a Joan Clarke (Keira Knightley) di sposarlo Una sensazione di gioia che pervade il cuore, un momento di totale pace interiore con il mondo. Comunque vada a finire. 3-Io non ho paura "I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te. Devi paura degli uomini, non dei mostri. "
Nessuna certezza di quello che potrà accadere un secondo dopo, colpi di scena che si susseguono alla velocità della luce. Ma soprattutto, non si riesce a toglierne gli occhi di dosso. Semplicemente spettacolo. Ci sono sportivi che quando giungono alla fine della loro carriera possono, con ogni probabilità ricevere l'appellativo di sopravvissuti. La loro carriera li ha portati a superare ampiamente il limite più e più volte, molto più in alto di quanto avrebbero potuto mai immaginare. Gli sciatori alpini specializzati nelle prove di velocità possono tranquillamente essere considerati dei sopravvissuti, soprattutto se sono riusciti a domare la Streif. Austria. Tirolo. Kitzbuehel, monte Hahnenkamm. Questa cima alpina di oltre 1700 ospita un centro sciistico di fama mondiale, dominato dalla regina delle piste, la Streif, appunto. Dal 1931, su questa pista di discesa libera e sullo slalom del Ganslern si disputa una combinata denominata esattamente come il monte che le ospita. Inoltre, dal 1967, con la sola esclusione di due stagioni, la Coppa del Mondo di Sci Alpino maschile porta su queste rampe, capaci di raggiungere anche l'85% (si, non avete letto male, OTTANTACINQUE PERCENTO), i suoi campioni, che sfidano con continuità la forza di gravità e le capacità fisiche di un umano, per ottenere il prestigioso trofeo di Kitz (come è affettuosamente chiamata dagli appassionati la cittadina su cui si affaccia il monte) e per continuare a lottare per la magnifica e meravigliosa Coppa di Cristallo, che decreta con certezza il migliore sciatore al mondo sulla stagione intera. Cartolina dalla Streif. L'ulimo muro prima dello Zielschuss Scendere sulla Streif è come sfidare il Barcellona del triplete guardiolano nella finale di Champions giocando dentro ad un Maracanà stracolmo, quando tu sei l'Ancona della stagione 03/04. Spiegata l'importanza di questa gara e la sua difficoltà anche a chi è convinto che la neve sia solo un'invenzione degli Illuminati per convincerci che il freddo è bello, parliamo del Re di Kitz. Sorprendentemente non è un austriaco, e questo ai nostri cugini d'oltradige dà molto fastidio, perché considerano lo sci alpino alla stregua di una religione, e a loro dà ancora più fastidio che, con sei vittorie, cinque in discesa e una in supergigante, Didier Cuche da Le Paquier, Svizzera, sia il vero dominatore della pista più amata dai discendenti degli Asburgo. Anche se non ha mai vinto una coppa del Mondo generale (ma ne ha vinte ben sei di specialità, di cui quattro di discesa libera) e neanche un oro olimpico, Didier va effettivamente inserito nella stretta lista delle leggende di questo sport. 67 podi, 27 vittorie, la prima nel 98, proprio sulla Streif, dimostrando già quel legame strettissimo con La pista che lo renderà famoso, l'ultima il 24 febbraio 2012, nella sua Crans-Montana, in gigante, a trentasette anni e sette mesi, il più anziano ad aver sentito il suo inno suonare sul podio del Circo Bianco. Poche settimane prima, in quella che si sapeva già essere la sua ultima stagione prima di appendere gli sci al proverbiale chiodo, Cuche ha vinto l'ultima volta sulla sua pista, superando così il record di vittorie precedentemente appartenuto a Franz Klammer, ovvero il più forte di ogni tempo in discesa libera. Il penultimo Cuche a Kitz. Un treno che non sbaglia assolutamente niente. Tra l'altro, notato Peter Fill all'epoca secondo in graduatoria? E noi italiani? Due uomini negli anni precedenti hanno conquistato la gara più ambita, quella che tutti vorrebbero finire (anche perché non finirla vuol dire quasi sempre che non si è molto interi), sono Kristian Ghedina, il giorno dopo la prima di Didier Cuche, e Dominik Paris, nel 2013. Nella discesa libera di questa stagione, il vincitore si è dovuto spingere oltre le sue paure e le sue capacità, e può vantarsi non solo per il (primo) trionfo della sua carriera sulla Streif, ma soprattutto perché può definirsi in maniera del tutto ragionevole un sopravvissuto. Peter Fill, altoatesino di madrelingua tedesca è da oltre dieci anni uno dei più talentuosi prodotti dello sci italiano, sicuramente quello capace di realizzare velocità maggiori sui tratti di scorrimento, caratteristica migliorata molto negli ultimi anni, e molto poco tipica dei suoi atleti connazionali, che sono solitamente dotati di una grande tecnica nei piedi, ma che spesso sono "leggerini" e perdono molto in tratti come la stradona di Kitzbuehel stessa o su piste come Wengen, che fanno dei piani la loro caratteristica principale. Nella gara a più alto rischio del Circo Bianco, che già aveva visto delle sue vittime, ovvero gli austriaci Striedinger, primo a scendere in pista, caduto sulla linea d'arrivo, e Streitberger, prima vittima della Hausbergkante, ovvero un ripidissimo tratto di pista da percorrere in diagonale, dove addirittura i gatti delle nevi salgono agganciati ad un cavo d'acciaio. La prova vincente del nostro Peter Fill. Per questa gara, a causa del meteo, la Streif è stata leggermente accorciata e l'inizio è fin da subito da brividi. Due racchettate e subito ci si ritrova davanti la Mausefalle. La trappola per topi. Un salto nel vuoto, con l'unica differenza che in questo caso non si salta, perché la velocità di arrivo è troppo lenta. Quindi non c'è soluzione che buttarsi su questo muro. Muro nel vero senso della parola. Parte Peter. Inizia bene e al primo intertempo è davanti. La sua sciata è molto precisa, al netto dei naturali tremolii del gambe su queste pendenze spaventose e soprattutto a queste velocità. Basti pensare che l'azzurro raggiunge la velocità massima di 120km/h. In pratica più veloce di una macchina in autostrada. E pensare che il record di velocità è oltre di 20 km/h superiore. Quando ho visto Fill scendere sul Hausbergkante ho molto semplicemente trattenuto il respiro. Come si era intravisto dalla caduta di Streitberger si è formato un avvallamento nella zona centrale della pista e bisogna stare molto attenti. Posso respirare, il nostro è riuscito a passare indenne e arriva sulla linea del traguardo con mezzo secondo di vantaggio. Qui la gara si sconvolge. Il turno al cancelletto di partenza è quello di Hannes Reichelt, vecchia volpe austriaca, da oltre tredici anni in coppa del Mondo. Un talento capace di ottenere il podio alla seconda gara della sua carriera. Credo che abbia perso il conto di quante volte sia sceso sulla Streif. Tante, molte. Eppure cade. Nello stesso punto dove era caduto il connazionale, Hannes prende quella stessa buchetta ed è sbalzato in aria. Cade di schiena e va a finire ad una velocità assurda sulle reti. Se quella stessa caduta fosse avvenuta in una qualunque delle altre discese di Reichelt a Kitzbuehel, oggi l'austriaco sarebbe morto. Tra la botta alla schiena e la testa sbattuta a terra non ci sarebbero state molte speranze. Per sua fortuna da questa stagione sono stati introdotti gli airbag, che si gonfiano nel momento in cui si rendono conto della caduta. Uno strumento eccezionale che ha permesso alla testa dell'austriaco di non sbattere e alla schiena di non soffrire eccessivamente la pressione. E poco importa se per Ted Ligety sono pericolosi, questi airbag stanno aiutando molto gli sciatori. Momenti di terrore assoluto pt.1 Dopo un'altra interruzione si continua, ma la Hausbergkante fa la sua ultimissima vittima. E non una qualunque. Axel Lund Svindal. Probabilmente lo sciatore più completo al mondo, l'unico che potesse contrapporsi nella lotta alla coppa di Cristallo al fenomenale Marcel Hirscher. Il volo del norvegese è se posssibile ancora più spaventoso. Una caduta semplicemente terrificante, con Svindal che vola a 360° e cade di pancia. La cosa incredibile è che lui si rialzi come se niente fosse, e ancora più incredibile è pensare che si sia rotto il legamento crociato e se ne sia andato come se niente fosse. Stagione comunque finita per lui, e l'unico che può fermare ormai Hirscher per la quinta consecutiva (record storico) è il solo Henrik Kristoffersen, vero alieno del pianeta Felinx 4 per distruggere tutte le nostre certezze e per riscrivere i limiti dell'agilità umana, anche lui norvegese come il gigante Svindal. Momenti di terrore assoluto pt.2 Dopo l'arrivo del trentesimo atleta, la gara viene congelata e confermata. Peter Fill è il terzo italiano a trionfare sulla pista delle piste, la Streif, e ha vinto grazie al suo spirito di sopravvivenza che gli ha permesso di evitare tutti gli ostacoli elle insidie, come un novello Indiana Jones. Questi atleti ci hanno dimostrato ancora una volta quanto sia duro e pericoloso questo sport, molto spesso troppo poco considerato al di fuori delle zone alpine e della Scandinavia. I pericoli (soprattutto su questa pista mostruosa) si susseguono ad ogni curva, e ci si ritrova al traguardo con le gambe letteralmente sul punto di morte, dopo quasi due minuti di tensione totale. Justin Fashanu è stato il primo sportivo professionista a dichiararsi pubblicamente omosessuale, nel 1990. La sua speranza, nel momento del coming out, era quella di cambiare quella situazione drammaticamente macista che si era creata negli spogliatoi d'Inghilterra. Pensate a come si possa sentire un uomo che per 10 anni ha dovuto sopportare insulti di tutti i tipi, anche dalla figura che lo avrebbe dovuto difendere, il suo allenatore al Nottingham Forest Nigel Clough, figura leggendaria del calcio inglese per i suoi trionfi sul campo, che lo aveva definito "a fucking fagot", un fottuto finocchio, e che nella sua autobiografia, con sconcertante orgoglio e omofobia convinta, riportava questo dialogo tra i due: "Dove vai se vuoi una pagnotta?" "Da un fornaio, immagino." "Dove vai se vuoi un cosciotto d'agnello?" "Da un macellaio." " Allora perché continui ad andare in quei cazzo di locali per froci?" In realtà la denuncia del giocatore non farà che peggiorare la sua immagine e lo renderà personaggio sgradito a tutti, anche alla comunità nera inglese e al fratello John. La vita di Justin era semplicemente un inferno, non poteva nemmeno godersi a pieno la passione della sua vita e il suo talento, tanto era mal visto nei tantissimi spogliatoi che aveva. Un'accusa per stupro arrivata da un ragazzo inglese, porterà Justin alla decisione definitiva del suicidio, avvenuto nel 3 maggio 1998, quando fu trovato impiccato in un garage londinese nel quartiere di Shoreditch, con accanto un biglietto con cui dichiarava ancora una volta la sua innocenza, sperando che Gesù gli facesse trovare la pace. Per sempre. Justin Fashanu (1961/1998) Se pensate che qualcosa possa essere anche solo minimamente cambiato nel calcio a 17 anni dal gesto estremo dell'ex difensore di Norwich e Nottingham Forest, vi consiglio di rientrare nel mondo reale, perché il calcio è oggi ancor di più quell'ambiente maschilista che ha portato alla morte di Fashanu, e stando a quel che afferma il conduttore, dichiaratamente omosessuale, Alessandro Cecchi Paone (che ammetto non essere proprio una fonte certa, ma sicuramente affidabile per quanto riguarda l'ambiente gay), anche nella nostra nazionale esistano giocatori omosessuali, costretti a reprimere i loro gusti sessuali per non trovare le porte sbarrate in ogni dove. E ormai da mesi si rincorrono le voci della presunta omosessualità di calciatori come ad esempio Cristiano Ronaldo. In questa situazione si inserisce la querelle mediatica e sociale che ha sconvolto il calcio italiano e monopolizzato le pagine dei giornali negli ultimi due giorni: Maurizio Sarri, l'allenatore del Napoli, durante il quarto di finale di Coppa Italia contro l'Inter, ha apostrofato pesantemente l'allenatore jesino, definendolo "frocio" e "finocchio". Ognuno su questa vicenda ha la sua opinione, ma prima bisognerebbe porsi una serie di domande: Sarri è omofobo? Siamo veramente tutti Mancini? Ma soprattutto, certe dichiarazioni possono essere definite semplicemente "cose di campo" che sul rettangolo iniziano e al di fuori finiscono? Cerchiamo di dare delle risposte. L'allenatore napoletano, più che omofobo per scelta, è figlio di una cultura in cui insultare i gay utilizzando queste parole era la normalità, una società in cui essere omofobi era la normalità, un'epoca in cui l'omosessualità era semplicemente un argomento di cui non si poteva parlare. Questo è il naturale lato negativo di un allenatore che è portatore sano dei valori di un calcio omofobo, ma sicuramente più umano e meno attaccato ai soldi del business, un calcio in cui prima di arrivare alle grandi squadre era necessario passare per la naturale gavetta delle serie minori, un calcio che ha lanciato personaggi come Roberto Baggio e Dario Hubner, personaggi che ormai sono quasi impossibili da ritrovare. Il fatto è che non è possibile ritenere le parole di Sarri semplicemente come un frutto di una rabbia momentanea, perché non è la prima volta che il toscano casca in questi tranelli. Nel 2014 infatti, utilizzò lo stesso termine per definire come il calcio stesse diventando sempre più uno sport di non-contatto, dopo un'espulsione a suo parere ingiusta nei confronti del suo difensore Mario Rui. Abbiamo quindi compreso che Sarri è una persona che ha nel suo vocabolario certe uscite, e possiamo anche comprendere che un allenatore alla prima stagione sotto i riflettori possa incontrare grosse difficoltà mediatiche, dopo oltre venti anni passati nei campi polverosi di periferia, dove se ti andava bene c'era un giornalista del settimanale del paese, che non badava poi molto alle parole che utilizzavi. Ma il vero problema non è Sarri. Non è Sarri l'omofobo, è la cultura con cui ha convissuto il calcio, che si riflette anche nelle dichiarazioni di un grande allenatore della provincia anni '90, Renzo Ulivieri, presidente dell'Associazione allenatori, che ha messo in mostra in maniera ancor più clamorosa quanto fosse arretrato culturalmente e razzista il pallone rotondo più amato al mondo. Dal mio punto di vista, l'unica maniera per migliorare la situazione estremamente negativa che soffoca il calcio è punire aspramente chi si rende autore di questi commenti. Forse così cambierà qualcosa negli atteggiamenti dei calciatori e dei tecnici, e potremmo forse sperare in un calcio in cui tutti possano vivere come preferiscano la loro sessualità. E forse in America ci stanno già riuscendo.... Il titolo estremamente esagerato di Tuttosport. Lo stesso direttore del giornale si è poi pentito del titolo proposto, alla luce dei fatti avvenuti. Mi sembra altrettanto chiaro però che non siamo tutti Mancini. L'Italia è un paese estremamente vittimistico e ci sembra impossibile che in una contesa fra due persone ci possa non essere una vittima. Quindi nel dopo-partita ci siamo tutti quanti trasformati un po' in paladini dei diritti civili e Mancini sembrava la vittima, lo Charlie Hebdo del calcio italiano, mentre Maurizio Sarri sembrava destinato a diventare lo sceicco Al Baghdadi che attenta alla libertà di tutti noi di amare chi vogliamo. Pian piano è diventato chiaro che il gesto di Mancini era allo stesso tempo estremamente furbo e atto a distogliere l'attenzione dalle solite domande sul brutto gioco della sua Inter, o se preferite del suo non-gioco. La vicenda ha fatto uscire poi una serie di precedenti in cui Mancini non era stato altrettanto delicato nei confronti dei gay, oppure si era schierato per il perdono di alcuni atteggiamenti razzistici dei suoi tifosi o del suo vice. il corpo del reato. Se risentiamo con attenzione l'intervista dell'allenatore interista nel dopogara possiamo notare quanto anche lì si possano trovare tanti lati omofobici: "Sono orgoglioso di essere gay, se Sarri è un uomo" è una frase ambigua. Sottintende, se la prendiamo in maniera letterale, che gli omosessuali non siano veri uomini, e non riesco a pensare ad un'altra frase così clamorosamente omofobica come quella pronunciata da Mancini. Subito, in difesa del suo allenatore, i tifosi e i giocatori del Napoli hanno affermato che le cose dette in campo devono restare in campo, come a giustificare i pesanti insulti di Sarri. In realtà, penso sia chiaro che quest'idea crolli come un castello di carte appena in quel campo si presentino un numero infinito di televisioni da chissà quanti paesi. Quando ricevi uno stipendio estremamente alto per dare un calcio al pallone o per mettere in campo undici uomini, automaticamente ti devi assumere anche delle responsabilità molto alte riguardo al tuo comportamento e soprattutto alle tue dichiarazioni. Proprio per questo motivo negli ultimi anni si è cercato di limitare ai calciatori l'uso dei social network, per limitare le potenziali gaffe degli atleti, che non sono sempre delle cime. Per questo è molto importante che non si opti per la soluzione tipica all'italiana in questo caso. Due giornate di squalifica in Coppa Italia sono troppo poche per Sarri, e troppo pochi sono cinquemila euro di multa per l'allenatore interista. Il calcio ha bisogno di cambiare, perché se ai tantissimi difetti del calcio moderno, ci aggiungiamo anche il problema dell'omofobia, in un epoca in cui ormai è chiaro che abbiamo tutti gli stessi diritti, lo sport più amato del mondo arriverà ad un punto di non ritorno. E per l'amore che il calcio ha instillato in noi appassionati, non penso che sia il caso di giungerci. La mente geniale dello scozzese Sir Arthur Conan Doyle ha partorito, nel 1887 la prima volta, la figura di Sherlock Holmes, l'acuto, sociofobico e sociopatico detective residente al 221b di Baker Street, Londra. Si può quasi dire che non si possa considerarsi un vero attore se non si è recitato almeno una volta la parte del più famoso consulente investigativo d'Inghilterra. Nell'infinita lista di Sherlock Holmes per cinema e televisione troviamo infatti nomi importanti come Robert Downey Jr, Cristopher Lee e Basil Rathborne, con quest'ultimo che è stato per anni identificato come la vera faccia di Holmes, un po' come Luca Zingaretti è unanimemente riconosciuto come il commissario Montalbano. Ma negli ultimi anni un attore ha cancellato e rinnovato la figura di Sherlock Holmes, diventando, con la sua prova nella serie tv Sherlock, uno degli attori più amati della Gran Bretagna. Benedict Cumberbatch da Hammersmith, figlio di Timothy Carlton Cumberbatch e di Wanda Ventham, dotato di un'espressività a tratti straordinaria, che gli permette di recitare al meglio ruoli estremamente complessi. Nella sua carriera ha infatti interpretato due dei geni più rivoluzionari e sfortunati dell'ultimo secolo: Stephen Hawking nell'omonimo film del 2004, con un'interpretazione per molti sensi superiore anche a quella di Eddie Redmayne (che ha vinto l'Oscar lo scorso anno), e Alan Turing, nello splendido The Imitation Game del 2014. Non esiste attore più adatto al mondo per recitare la parte di uno Sherlock ambientato nel mondo moderno, come quello ideato dalle menti malate (ma geniali) di Steven Moffat e Mark Gatiss, per il suo talento recitativo e anche per il suo british style all'ennesima potenza. Il successo della serie è stato eccezionale e quest'anno dovrebbe finalmente arrivare l'attesissima quarta stagione, dopo due anni di attesa. Suspence allo stato puro. Come far appassionare lo spettatore ad una serie TV Intanto, per alleggerire l'attesa, il primo gennaio 2016 è andato in onda sulla BBC lo speciale "The Abominable Bride", liberamente tratto dalla citazione di Sherlock Holmes nella storia breve "The Adventure of the Musgrave Ritual", che narra della risoluzione del mistero della signora Emilia Ricoletti, suicidatasi sul balcone di casa davanti a centinaia di testimoni e poi risorta per uccidere il marito. O almeno così pensano tutti, tranne ovviamente Sherlock Holmes, sempre estremamente scettico per quanto riguarda il mondo del paranormale. In realtà, io ritengo che per scrivere questa storia Gatiss e Moffat si siano ispirati ad un altra breve storia "The adventure of the dancing man", che contiene al suo interno moltissime similitudini con la trama di questo speciale Questa è la parte tranquilla della storia. Perché lo speciale di Sherlock, trasmesso in Italia nei cinema il 12 e 13 gennaio, al netto di un doppiaggio abominevole, è la cosa più assurda, pazza, mentalmente disturbante e fottutamente geniale che io abbia mai visto uscire da uno schermo, grande o piccolo che sia. La mia faccia dopo essere uscito dalla sala....... State tranquilli, non sono qui per spoilerarvi il finale dello speciale, ma se siete dei fan della serie, prendete tutti i colpi di scena di una tipica puntata di Sherlock, e moltiplicatela per CINQUE. Le sorprese ideate dai due sceneggiatori sono talmente tante che io non sono sicuro di aver compreso alla perfezione quali fossero i flashback e quali fossero le scene reali. Il continuo andirivieni tra presente e passato mostra anche le differenze, soprattutto di tipo fisico, tra i personaggi vittoriani e del 2015. ...la reazione di Gatiss&Moffat dopo aver visto le facce scioccate di noi appassionati. Sherlock passa da quei capelli ricci a cespuglio, ad un elegante e gellata capigliatura molto anni '20, Watson aggiunge dei baffi a maniglia perfettamente adatti all'epoca vittoriana e Mycroft Holmes assume una fisicità che esprime alla perfezione quello che è il modo di essere del personaggio originale di Arthur Conan Doyle.
Il fratello di Sherlock è effettivamente il personaggio dei libri che mi ha sempre interessato di più. Geniale, molto più del fratello, dotato di uno spirito di osservazione e di una conoscenza che ha insegnato al piccolo Sherlock, ma troppo pigro per svolgere le sue indagini. Nessuna delle tante trasposizioni cinematografiche dell'opera di Conan Doyle ha mai rappresentato, a mio parere, Mycroft in maniera tanto genuina e ben riuscita come in questo speciale di Sherlock. Il trucco ha fatto diventare Mark Gatiss estremamente oversized , sempre immobile su una poltrona in una stanza buia, con accanto almeno tre vassoi pieni di cibo, che ingurgita con spaventosa fame. Io personalmente Mycroft lo ho sempre immaginato così, e anche dal punto di vista psicologico Conan Doyle sarebbe orgoglioso della creazione dei due sceneggiatori. Quando Sherlock e Mycroft scommettono sulla data di morte del fratello maggiore possiamo capire quanto la vita per i due (soprattutto per Mycroft, che poi ha influenzato Sherlock) sia una cosa così scontata, che per il loro cervello è solamente una sciocchezza, una cosa su cui scommettere per gioco. Dopo essere uscito dalla sala mi sono effettivamente chiesto che cosa mi avesse lasciato questo speciale e che messaggio volevano lanciare gli autori. Conoscendo la storia e conoscendo la sensibilità di attori e sceneggiatori in certe tematiche sociali, la mia idea è che si volesse sensibilizzare il pubblico sul fatto che anche oggi, nel 2016, le donne non abbiano ancora raggiunto la parità dei diritti nei confronti degli uomini, e che in molti campi, specialmente quello lavorativo, dove gli uomini guadagnano molto di più delle colleghe, ci sia ancora molta disparità. E per farlo, i due sceneggiatori si sono confrontati con la realtà ancor più dura dell'epoca vittoriana, immaginando (-----SPOILER----) che le donne si riunissero in una lega segreta dedita ad azioni criminose, mettendo in atto un piano geniale per spaventare i mariti e convincerli a trattarli in maniera più rispettosa. Se siete fan di Sherlock, molto semplicemente non potete non vedere questo speciale, e se non lo avete visto al cinema, o sulla BBC il primo di gennaio, vi conviene correre a cercare lo streaming, perché è veramente imperdibile. Il calcio è ormai uno sport che ogni anno che passa si ringiovanisce. Ogni anno vengono battuti record di precocità e sempre più teenager vengono sbattuti in prima pagina per le loro qualità ancora prima che arrivi il loro esordio in prima squadra. Per questo motivo ho deciso di escludere nella mia lista dei migliori 20 giovani under 20 del pianeta nomi ormai noti come Youri Tielemans, Martin Odegaard e Gianluigi Donnarumma. Per lo stesso motivo citato sopra, fare una classifica dei migliori Under 20 potrebbe apparire antiquato, proprio perché ormai i ragazzi vengono buttati nella mischia a età sempre minori. Ma analizziamo chi sono questi ragazzi. 20-Liam Jordan (30/7/98) Per un giovane calciatore, perdere il padre proprio in un momento chiave dello sviluppo, quello dell'entrata tra i teenager, può portare ad un blocco totale della crescita calcistica e ad un abbandono dello sport. Oppure può diventare lo stimolo decisivo per sfondare, la leva che scoperchia il vaso della determinazione e ti fa decidere che tu diventerai un fenomeno perché devi diventarlo, per onorare la memoria del tuo genitore. Liam Jordan è un giovanissimo ragazzo sudafricano, cresciuto in Nuova Zelanda, dove il padre, calciatore anche lui, era andato a insegnare calcio, dopo il ritiro da professionista. E lo stesso Liam era diventato allievo di quel genitore che lo aveva sempre spinto verso il mondo della palla rotonda, in un paese dove la forma ovale attira tutti i ragazzini. Dopo la morte del padre, per colpa di un cancro, Liam ha optato per il ritorno nella madrepatria, per giocare nelle fila del modesto Bidvest Wits, che lo piazza nelle giovanili. A vederlo giocare da trequartista nei campionati minori sudafricani, dentro a campetti di periferia senza mezza tribuna intorno, sembra di vedere Cristiano Ronaldo in mezzo ai bambini. E non ho detto un nome a caso, perché fisicamente Jordan è uguale al portoghese. Stessa faccia, stesso fisico muscoloso, stessa abbronzatura da-tre-mesi-al-mare, stessi movimenti. Ma non lanciamoci in paragoni esagerati, anche perché sono due ruoli diversi. Liam è un trequartista che preferisce sempre il passaggio alla conclusione. Il ragazzo effettua un cambio di gioco con la stessa tranquillità con cui fa zapping sul divano di casa, è la cosa più normale che possa fare. Le sue due nazionali se lo stanno contendendo con grande forza, anche perché un talento del genere , anche se non al massimo del suo potenziale, può fare la differenza per due movimenti lontani dalla leadership del calcio mondiale. Solo a me la somiglianza tra lui e CR7 sembra spaventosa? 19-Jesus Vallejo (5/1/97) Può sembrare un paragone azzardato, ma questo ragazzo mi ricorda molto da vicino Carles Puyol, la leggenda spagnola, baluardo difensivo della nazionale spagnola più vincente di ogni tempo. Peccato che Jesus Vallejo da Zaragoza abbia firmato per il Real Madrid, e che alla fine di questa stagione in prestito nel suo club del cuore, tornerà alla casa blanca dove proverà a ritagliarsi un posto da titolare nella difesa madrilena, casomai sperando di comporre, con Carvajal, Varane e Danilo, la difesa merengue del futuro. Non ha il senso dell'anticipo di Cannavaro, ma ha una velocità formidabile che gli permette di recuperare sempre l'avversario. Questa è la sua capacità migliore, il recupero, e quindi anche la sua grandissima capacità di tackle, che gli permettono di salvare la situazione anche in casi apparentemente disperati. Ha una sicurezza ammirabile e questo lo ha reso già indispensabile per il Real Zaragoza, che gioca in Liga Adelante. Se Cesare Lombroso avesse visto Vallejo, lo avrebbe utilizzato per dimostrare i suoi studi sulla criminalità, perché ha una faccia rabbiosa che incute timore anche solo a vederla, che ben si sposacon il comportamento sul campo da gioco del nostro Jesus, deciso, ma alla fin fine corretto (ancora nessuna espulsione, nonostante cinque cartellini gialli). Anche in questo possiamo dire che si nota la somiglianza con Puyol, che sotto quella montagna di riccioli, aveva quella sua faccia corrucciata e incazzosa. 18-Nahuel Leiva (22/10/96) Ragazzo Rosarino, trapiantato fin da piccolo in Spagna per giocare nelle giovanili di un club della Liga, sul metro e settanta di altezza, con un dribbling supersonico e un piede che da del tu al pallone. So cosa state pensando: "Che cosa ci fa Lionel Messi in una classifica dei migliori giovani under 20?" Ma state tranquilli che la Pulce non c'entra, perché il ragazzo di cui parlerò si chiama Nahuel Leiva, il suo piede è destro, gioca nel Villareal e ha optato per la nazionale spagnola, con cui sta giocando nelle giovanili. Gioca ala sinistra, e quindi è il tipico esterno a piede invertito à-la-Robben che ama rientrare al centro per sganciare il tiro col suo piede preferito. Nahuel però si differenzia dall'olandese per la varietà dei suoi movimenti , anche se l'allergia al passaggio ai compagni è identica. Nahuel taglia in mezzo senza palla, si scambia di fascia coi compagni, dribbla verso il centro oppure tenta il cross con il piede opposto, che comunque non è affatto da buttare, anzi. Il tranquillo ambiente delle trentamila anime di Vila-Real è un posto perfetto per la sua crescita, così come lo è la Liga, un campionato in cui gli allenatori mettono al primo posto la tecnica individuale dei giocatori, e molto spesso non guardano minimamente la carta d'identità, se ci sono le qualità. Dire che è il nuovo Messi è estremamente affrettato, e probabilmente nei prossimi anni molti talenti andranno nel dimenticatoio con questa etichetta pesante sulle spalle, così come è stato per l'infinito numero di nuovi Maradona spuntati per tutta l'Argentina negli anni 90. Le qualità di Nahuel non sono indifferenti, e se non diventerà il nuovo Messi.. beh, Aimar e Saviola non sono diventati i nuovi Maradona, ma hanno comunque vissuto due grandissima carriere, quindi, ci sono buone speranze per questo piccolo spagno-argentino. 17-Assane Diousse (20/9/97) La Serie A è sicuramente il campionato più complesso e organizzato dal punto di vista tattico, e in molte squadre sono presenti allenatori dalle grandi capacità. Tra questi allenatori quello che ha sorpreso di più è sicuramente Marco Giampaolo ad Empoli, che dopo anni nel dimenticatoio, è stato ripescato dalla società toscana tra i dubbi di tutti gli appassionati (soprattutto quelli del sottoscritto) e è riuscito nella straordinaria impresa di correggere e migliorare tutti i piccoli difetti tattici dell'avventura di Sarri. Nessuna squadra è più organizzata dell'Empoli nel nostro campionato, e il centrocampo dei toscani riesce a funzionare chiunque entri. Questo anche perché tutti i centrocampisti empolesi hanno enorme talento. Paredes, ex enganche all'argentina trasformato regista, Zielinski, sublime palleggiatore, Buchel, Croce, e anche Assane Dioussé. Assane è un centrocampista perfetto come regista, ma possiede anche una resistenza e una velocità non indifferenti, questo lo pone come un perfetto mediano tra le linee di difesa e centrocampo, ma fatica a trovare spazio, vista anche la quantità di talento in squadra e la ricollocazione di Paredes, che come detto si è rivelato essere il giocatore perfetto come regista di una squadra del genere, perché è capace di giocare ad uno o due tocchi verticalizzando in avanti, velocizzando molto il gioco. Questa capacità sicuramente manca a Dioussé, ma la personalità mostrata fin dalla prima partita gli ha permesso di realizzare grandi prestazioni, anche contro il Milan alla seconda giornata. Io vi consiglio di fissarvi bene nella mente i nomi dei centrocampisti dell'Empoli, perchè è molto probabile che tra cinque anni li ritroveremo in altre squadre e con altri obiettivi. Vedremo come svilupperanno il loro talento. 16-Vanja Milinkovic-Savic In qualunque paese del mondo, un ragazzo che a 18 anni è alto 2,02 metri viene naturalmente visto su un campo di basket a prendere rimbalzi su rimbalzi. A maggior ragione in un paese come la Serbia in cui la pallacanestro è uno degli sport nazionali. Eppure Vanja Milinkovic-Savic, sicuramente ispirato dal fratello Sergej, centrocampista della Lazio di due anni più grande ma anche di 20 centimetri più basso, ha optato per il calcio. Ma la natura ha comunque fatto il suo corso, infatti il giovane serbo è stato piazzato in porta e questa scelta ne ha favorito la carriera calcistica. Infatti il ragazzo è uno dei portieri più promettenti al mondo, e lui, cresciuto nel vivaio del Vojvodina, è stato preso dal Manchester United, che per farlo cresceree non farlo marcire in panchina dietro a De Gea lo ha riprestato al club di provenienza con cui gioca titolare fisso. Non è un portiere moderno, in quanto non è dotato di una grande tecnica, ma ha capacità in porta fuori dal comune e questo ne può favorire enormemente la carriera futura. Non si sa chi tra i due sia più coatto.. 15-Kaan Kairinen (22/12/98) Il giovane più talentuoso prodotto dal vivaio dell'Inter è approdato in prova alla Juventus, e potrebbe presto abbandonare il neroazzurro per vestirsi di bianconero. No, cari tifosi milanesi, non preoccupatevi, non sto parlando dell'Inter italiana. Perché anche in Finlandia esiste l'Inter, nella città di Turku, e anche nel paese scandinavo la squadra indossi i colori neroazzurri. E proprio l'Inter Turku ha lanciato in prima squadra in questa stagione un giovanissimo regista di centrocampo che subito si è preso le chiavi del reparto. Kaan Kairinen è ormai per tutti, nel suo paese, Uuden Pirlo, che nell'ostica lingua finlandese vuol dire molto semplicemente "Il nuovo Pirlo". Effettivamente Kaan rappresenta a pieno il ruolo del regista, ha tutte le capacità che servono per svolgerlo al meglio, partendo da un primo controllo della palla da insegnare nelle scuole calcio fino ad una lettura delle fasi del gioco che farebbero invidia alla maggior parte dei centrocampisti della nostra serie A. Gli articoli del Guardian e del sito della UEFA lo dicono chiaro e tondo: Kaan Kairinen è il più grande talento del calcio inglese, forse ancor più del leggendario Jari Litmanen o del roccioso Sami Hyypia. Il suo allenatore, l'olandese trapiantato in Finlandia Job Dragtsma, dopo il suo esordio contro l'FF Jaro, aveva detto che il ragazzo era già pronto per prendersi la responsabilità di un posto da titolare in uno dei più importanti club del pur modesto campionato finnico. Effettivamente il giovane ha poi giocato altre 23 partite con il club neroazzurro e ha dimostrato tutte le sue capacità di passaggio e la sua visione di gioco. La Juventus lo ha testato, vediamo se sceglierà di portarlo a Torino, ma anche se Kaan dovesse tornare in Finlandia, ci sono molte possibilità che sentiremo ancora molto parlare di lui, e chissà, lo vedremo calcare i campi della Serie A. 14-Dayot Upamecano (27/10/98) La Francia ha dominato l'ultimo campionato europeo Under 17, subendo il primo gol solamente alle semifinali, e a guidare quella difesa imperforabile c'era Dayot Upamecano. Anzi, Dayotchanculle Upamecano, questo il suo nome completo, originario della Guinea-Bissau. Subito dopo si sono scatenate le voci di mercato sul roccioso difensore con la faccia da bambino. Oggi il PSG, domani lo United, subito dopo il Monaco, solitamente abile nel trattare i giovani francesi, ma alla fine a sorpresa il Red Bull Salzburg ha strappato al Valenciennes, la sua squadra, un assegno di 2,2 Milioni di Euro. Centotrentasettemila cinquecento euro per ogni anno di vita del ragazzo. Una cifra altissima, e il ragazzo accetta il triennale con gli austriaci. Scolpito nel granito, Dayot ricorda molto da vicino il napoletano Koulibaly, essendo fisicamente dirompente, anche se meno basso rispetto al franco-senegalese. Alla stessa maniera Dayot è abbastanza impreparato tatticamente, e in questo la scelta del Salisburgo, e successivamente della sua squadra satellite, il Liefering, non sembra essere una grande scelta. Può anche impostare, anche se non è quella la sua capacità principale, ma il piede è comunque ben educato. La Bundesliga austriaca è un campionato adatto per far crescere i giovani talenti e sicuramente da qui Dayot saprà spiccare il volo verso i migliori campionati, ma sono convinto che avrà ancora da migliorare al passaggio verso uno dei top 5. Comunque potrebbe essere uno dei pilastri delle fenomenali giovani generazioni francesi. 13-Filippo Romagna (26/5/97) Dopo qualche anno in cui l'Italia sembrava avere grossa difficoltà nella produzione di talenti in difesa, che da sempre è stata la forza delle nostre nazionali. Beh, questa tendenza sembra finalmente essere cambiata. Abbiamo già citato i due portierini friulani, e tutti conoscono ormai Gigi Donnarumma. A tre possibili portieri fenomenali dobbiamo aggiungere tre difensori dal potenziale altissimo. Rugani, reduce da una stagione da record ad Empoli, che ora cerca spazio nella Juve; Romagnoli, Mr 25 Milioni, che non difende come Nesta e non ha il tocco di Zidane (d'altronde quella frase non l'ha mai detta), ma ha talento da vendere. Ma soprattutto, a mio parere, Filippo Romagna, capitano della primavera della Juventus. Nativo di Fano, inizia a giocare a calcio a Rimini (e dove poteva giocare sennò Romagna?); Milan e Juventus si interessano a lui, ma il giovane Filippo recapita un secco no ad entrambe le squadre. Il Milan si defila ma la Juve ha capito di avere davanti un fenomeno, e lo porta a Torino. Qui Filippo, un difensore di gran fisico ed estremamente rapido, scala le gerarchie e le categorie e ottiene in questa stagione la fascia da capitano. Dalla prossima stagione però, se vuole farsi un nome nel calcio, deve lasciare in prestito la squadra torinese per giocare. Ma chissà che Allegri non lo noti prima. 12-Rolando Mandragora (29/6/97) Ognuno di noi ha una propria idea su quale sia il significato del termine predestinato. Il dizionario riporta questo: "predestinato [pre-de-sti-nà-to] agg., s. agg. Destinato a qlco.: essere p. alla gloria". Secondo questa definizione un anno fa si sarebbe potuto prevedere che Rolando Mandragora sarebbe stato destinato alla Juventus. Nato a Napoli nel 1997, ma cresciuto nell'academy della prima squadra d'Italia, quel Genoa che il 29 ottobre del 2014 lo schiera in campo nella partita casalinga contro i tricampioni consecutivi, ancora imbattuti. Il giovane Rolando realizza una prestazione splendida e mette al meglio la museruola ad un altro fenomenale giovane conteso da tutte le squadre d'Europa, solo un po' più conosciuto. Paul Pogba. Ovviamente non potevano mancare le centinaia di titoloni dedicati al nuovo fenomeno del calcio italiano, ma Gasperini, che sa come gestire i giovani, decide di tenerlo in panchina, e per farlo crescere lo presta al Pescara in questa stagione. Dopo le grandi prestazioni con il club abruzzese, agli ordini di uno dei più interessanti allenatori del nostro panorama, l'ex campione del mondo Massimo Oddo, Mandragora sembra ormai certo che a giugno troverà un posto nel centrocampo juventino, e la trattativa è ormai in direttura d'arrivo. Calcisticamente parlando il giovane napoletano sembra perfetto per diventare l'erede di Marchisio, con l'unica differenza che Rolando è fisicamente più potente, ma meno rapido del fortissimo torinese. Le stimmate del predestinato ci sono tutte, ora sta a lui dimostrare che quei titoli non saranno carta straccia. L'importante è lasciarlo crescere in pace, perché il talento è evidente, e anche la prova del campo sembra dargli al momento ragione. The guy got skills 11-Alex Meret (23/3/97) Primo Febbraio 2014. A causa dell'infortunio di Zeljko Brkic, all'epoca portiere titolare dei friulani, Francesco Guidolin decise di buttare nella mischia il diciassettenne portiere friulano Simone Scuffet, che mostra subito un grande talento, e raccoglie il posto da titolare per il resto per la stagione. Per quanto sia anche lui estremamente talentuoso e anche lui rientri nella fascia d'età per questa classifica, non l'ho inserito, nonostante sia convinto che molto presto arriverà il momento dell'esplosione. Ho preferito inserire il nuovo Scuffet. Anche lui friulano, anche lui terminante in T, anche lui estremamente talentuoso. Il suo nome è Alex Meret, portiere di 1,88 metri che ha già esordito in Coppa Italia, rendendosi già protagonista di alcune grandi parate. Ho avuto proprio in queste due partite l'occasione di ammirarlo, e per questo lo ho voluto inserire nonostante su youtube si trovino ben pochi video con le prodezze del giovane udinese. L'unico video è casualmente una sfida contro il collega Scuffet a chi para più tiri della macchina sparapalloni. Alla fine ne esce vincitore Alex Meret, chissà che non sia un presagio di chi nel futuro diventerà il grande portiere della nostra nazionale (a meno che non finiscano entrambi dietro Donnarumma) 10-Bradford Jamieson IV (18/10/96) Primo avvertimento se cercate di vedere le sue partite ai Galaxy. Non scambiatelo con Gyasi Zardes. Il taglio di capelli è identico e inizialmente ha fatto confondere anche me, il ruolo è simile, ma le differenze sono enormi. Entrambi sono due punte che hanno la capacità di giocare su entrambe le fascie in un 4-2-3-1, entrambi sono abilissimi nel dribbling e veloci, ma, oltre all'età (Zardes è del 91), differiscono nella capacità tattiche. Jamieson è molto più avanti e per questo sembra avere limiti potenziali molto più alti e con ogni probabilità, se non nel 2018, nel 2022 Bradford guiderà la nazionale americana al mondiale, quando gli Stars&Stripes potrebbero avere obiettivi maggiori rispetto al semplice passaggio del turno. Bradford Jamieson è il primo della sua famiglia a sfondare nello sport professionistico, il IV è riferito solamente all'omonimia con altri parenti e non a parentele d'arte come Mazzola (II), come veniva definito Sandro Mazzola negli antichi album Panini. Il suo fisico non è quello dei tipici giocatori americani, quelli grandi e grossi, usciti dal Football (quello con le mani) o dal basket. Infatti qui sta la grande differenza tra lui e la sua copia-carbone Zardes. Fisicamente è molto leggero (76 kili distribuiti su 1,82 metri) e per niente grosso ed esplosivo come il nativo di Hawthorne (1,88 metri per 80 kili di strabordante forza muscolare), ma le giocate già mostrate con la squadra che ha portato il british-style di Becks oltremanica denotano un talento e una maturità non comune per un 19enne Primo gol da professionista per BJIV, contro i Red Bulls trionfatori in Regular Season. Con un dribbling manda al bar la difesa avversaria e trafigge il Goalkeeper of the Year Luis Robles 9-Reece Oxford (16/12/98) Il 9 agosto 2015, contro l'Arsenal, l'allenatore del West Ham Slaven Bilic decide di schierare un difensore centrale nel ruolo di mediano davanti alla difesa, con l'obiettivo di bloccare Mesut Ozil, ovvero l'Assistman per eccellenza, l'uomo che rinuncerebbe a cinque gol suoi pur di avere un passaggio per un gol a referto in più. La prestazione finale del mediano? 95% di passaggi riusciti. Una palla persa. Vittoria due a zero degli Hammers. Ozil annientato. Una grande prestazione, non trovate? Beh, vi do una notizia: l'autore di quella prestazione aveva 16 anni, ed era appena diventato il secondo più giovane esordiente di sempre in tutta la storia della Premier League. Il suo nome è Reece Oxford, fa il difensore centrale, e fino a quattro anni prima, nelle giovanili del Tottenham giocava attaccante, con ottimi risultati. Ad averlo preso con gli Hammers e ad averlo trasformato difensore è stato Sam Allardyce, vecchio volpone delle panchine inglesi e allenatore del West Ham per quattro anni. A lui si deve la scoperta di uno dei talenti più puri del calcio inglese, un ragazzo dalla personalità di ferro ormai pronto a sfondare. Questo il suo esordio contro i Gunners. Derby vinto e titoloni per il giovane 8-Federico Bonazzoli (21/5/97) Molti grandissimi centravanti hanno l'ossessione per il gol. Vivono per segnare e tutti i movimenti che fanno in campo sono funzionali all'obbiettivo di bucare la rete. Questa stagione stiamo assistendo allo Show di Gonzalo Higuain, che in tutti questi anni ha affinato le sue pur eccezionali caratteristiche con l'unico obiettivo di segnare ancora di più, per raggiungere l'apice in questa stagione, in cui sembra (anzi è) impossibile fermarlo. Per altri attaccanti invece il gol non è un ossessione, ma è una necessità. Hanno bisogno del gol perché è l'unica maniera che hanno per farsi notare su di un campo di calcio, perché Madre Natura li ha dotati di capacità innate per segnare. Federico Bonazzoli è uno di questi. Ha tutto quello che serve ad una prima punta per sfondare nel 2016. Alto e possente, ma allo stesso tempo leggero e veloce, con una buona tecnica di base, un fiuto per il gol letale ed una coordinazione così precisa che i suoi movimenti (sopratutto quelli più difficili e acrobatici), sembrano una scultura di Canova. Al minuto 2:13 di questo video con le sue giocate con la primavera neroazzurra, potete infatti assistere ad una mostra d'arte neoclassicista. Il primo controllo di palla è morbido, come il lenzuolo che copre Paolina Borghese, segue un pallonetto perfetto, e conclude una girata potente, elegante e precisa come la posizione del corpo di Psiche. Alla Sampdoria Federico è bloccato in panchina da una coppia collaudata come quella Muriel-Eder, ma se affronterà questa panchina con la mentalità giusta, Bonazzoli riuscirà a trovare spazio anche nell'affollato attacco blucerchiato. E vista la situazione dell'attacco italiano, è meglio per tutti noi che ciò accada. 7-Vaclav Cerny (17/10/97) Se si potesse stilare una formazione dei migliori prodotti del vivaio dell'Ajax nel corso degli anni, probabilmente tireremmo fuori una formazione che potrebbe tranquillamente dominare il calcio mondiale. Edwin Van Der Sar, Ronald e Frank De Boer, Danny Blind, Marco Van Basten, Frank Rijkaard, Johan Neeskens, Ruud Krol, Jari Litmanen, e potrei continuare a lungo. Ma anche fermandoci soli agli ultimi 10 anni la lista di talenti è lunga: Jasper Cillesen, Daley Blind (figlio di Danny), Christian Eriksen, Joel Veltman, Ricardo Van Rhijn, Davy Klaassen, Anwar el Ghazi, Viktor Fischer, Riechedly Bazoer (SPOILER:troverete anche lui) e infine, da poco, anche Vaclav Cerny. Vaclav è arrivato ad Amsterdam dal Pribram (modesta squadra della Repubblica Ceca), dove vinceva le partite da solo, essendo un giocatore di un'altra categoria, e subito è stato piazzato nello Jong Ajax. La seconda squadra dei Lancieri è la miglior cosa che potrete mai vedere in una qualunque serie B europea. Calcio spumeggiante, ma soprattutto una riserva infinita di talenti. Vaclav Cerny è definibile con una parola: dribblomane. Corre con la palla attaccata al piede, ad una velocità superiore alla media, e dopo un'infinita serie di doppi passi e giocate spettacolari, ha ancora la grande lucidità di mettere in mezzo o di trovare l'angolo giusto per infilare il portiere. Ormai è entrato fisso in prima squadra, nonostante la spietatissima e giovanissima concorrenza che si trova nell'Ajax, e già si è messo in mostra in Europa League segnando un bellissimo gol contro il Celtic. 6-Lincoln (7/11/98) Lomba do Pinheiro è una favelas di Porto Alegre, e lì come in ogni angolo del Brasile, si trovano campetti pieni di sassi appuntiti, dove piccoli prototipi di campioni corrono portando tra le loro gambe magrissime palloni fatti di stracci a piedi scalzi. Su campi del genere si è forgiata la leggenda del calcio brasiliana, perché tutti i più grandi fenomeni verdeoro sono cresciuti lì. L'ultimo erede di questa stirpe con ogni probabilità corrisponde al nome di Lincoln Henrique Oliveira dos Santos, per tutti solamente Lincoln, che si sta conquistando un posto in prima squadra dopo aver distrutto gli avversari nei campionati giovanili. A farlo esordire con la maglia dei portoalegrini è stato nientemeno che Luiz Felipe Scolari, l'uomo che ha portato il Brasile al trionfo ai mondiali nippocoreani del 2002 ma che è anche stato protagonista del Mineirazo e di tutto ciò che ha comportato quel disastroso mondiale. Appena dopo averlo visto in azione, Felipao, evidentemente colpito dalle qualità del ragazzo, ha domandato quanti anni avesse quel ragazzo che aveva immediatamente denominato "Diamante Nero", come si fa per tutti i colored brasiliani che sembrano dotati di un ottimo talento col pallone, come se si fosse alla ricerca dell'erede del primo Diamante Nero, ovvero Leonidas da Silva, la prima grande stella del calcio mondiale. Il geniale Eduardo Galeano aveva detto che: "I goal di Leônidas erano talmente belli che persino il portiere avversario si rialzava per congratularsi". La tecnica sopraffina del mancino di questo ragazzo, la maniera con cui scherza gli avversari con pallonetti e dribbling, il capelli rasati, il suo affondare in una maglietta celeste-nera troppo grande per lui, la leggerezza con cui saltella sull'erba (a dir la verità estremamente spelacchiata) dei campi brasiliani riporta alla mente le incredibili gesta di Ronaldinho quando l'ex Pallone d'Oro indossava la stessa maglia del giovane Lincoln. Lincoln, che gioca preferibilmente come ala sinistra, sembra un portatore sano della magia brasiliana del calcio che sembrava ormai ridotta alle sole giocate di Neymar e Douglas Costa, in mezzo a tanti giocatori di quantità che avevano dimostrato quanto ormai il calcio brasiliano si stesse eccessivamente europeizzando. Speriamo solamente non abbia la stessa reazione di Ronaldinho e di Adriano di fronte ai soldi. 5-Sam Schreck (29/1/99) Il St.Pauli è noto per molti fattori. Per la cultura che rappresenta, per le iniziative di beneficienza, ma purtroppo non molto per quanto riguarda i risultati sul calcio. Ciò non vuol dire che le giovanili Braunweiss non abbiano prodotto nel corso degli anni dei talenti interessanti. L'ultimo sanktpauliano arrivato al successo è Alexander Meier, trascinatore dell'Eintracht di Francoforte e capocannoniere dell'ultima Bundesliga. Ma un altro giovane estremamente talentuoso è pronto ad esordire tra i professionisti, e da come lo descrivono gli osservatori delle grandi squadre sembra che si tratti del nuovo fenomeno della nazionale tedesca. Il suo nome è Sam Schreck. Nato come trequartista ma adattabile anche all'ala destra, è un giocatore fisicamente molto integro, alto 1,80 metri, con un peso di 70 kili. Giocatore estremamente associativo quando piazzato a centrocampo, ama giocare tra le linee ed è abile nel servire in profondità i compagni. Nonostante una grande tecnica non è un dribblomane e ha grandi capacità di corsa. Ha bisogno di crescere sotto il punto di vista tattico, perché è comunque estremamente acerbo da questo punto di vista. Molto spesso non riesce a distinguere quando è il caso di abbassare il ritmo o di alzarlo. L'unica cosa certa è che questo ragazzo non darà alcun problema di tipo professionale, il settore giovanile dei Bucanieri da molta importanza a questo aspetto e si occupa molto dell'educazione dei ragazzi, portandoli anche a seguire dei corsi per imparare dei lavori, nel caso non sfondassero nel calcio. Ma non sembrano esserci dubbi sul fatto che Sam Schreck sfonderà, le capacità sono enormi. 4- Kristoffer Ajer (17/5/98) In questa classifica come detto non è presente Martin Odegaard, perché già celebratissimo (personalmente sono il primo estimatore di questo vero fenomeno), ma nel 1998 in Norvegia non è nato solamente Martin Odegaard. Infatti esattamente sette mesi prima, non a Drammen, ma a Raelingen, era nato Kristoffer Vassbakk Ajer. Ma io ho grossi dubbi sulla sua reale data di nascita. Chiunque provi a vedere una sua partita con lo Start di Kristianstad non può credere che un ragazzo alto 1,97 metri, con indosso al braccio già la fascia da capitano, che striglia i suoi compagni come un calciatore esperto ritornato nella madre patria dopo anni di carriera all'estero, possa essere in realtà un 16enne. Nelle immagini della partita dello Start contro il Lillestrom del 7 aprile 2015 vediamo un (ancora per pochi giorni) ragazzo di 16 anni che indossa la fascia da capitano per la squadra in trasferta. Eppure la sua personalità strabordante, il suo fisico gigantesco e la faccia incazzosa da guerriero vichingo, lo fanno assomigliare alla leggenda del calcio norvegese Daniel Berg Hestad, a 40 anni marcatore più vecchio dell'Europa League e trascinatore del suo Molde al passaggio del turno in un girone con Ajax e Celtic. Guardando alle sue capacità calcistiche sorprende come Ajer abbia un senso della posizione incredibile e si trovi sempre al posto giusto nel momento giusto nella fascia centrale di campo. Il suo posto ideale è quello di schermo davanti alla difesa. Lì lui può esprimere al massimo la sua capacità di rubapalloni, ha una decisione nei contrasti che mette semplicemente spavento, sembra un 40enne, mentre invece quello piccolino è lui. Ha anche un discreto piede, nonostante il video stesso mostri una grande quantità di passaggi sbagliati, cosa anche normale se consideriamo il livello tecnico del campionato norvegese, per cui ha una tecnica superiore alla media. Infine, se andate a cercare i suoi gol in queste due stagioni (9, che non sono affatto pochi per uncentrocampista di quell'età) potrete notare anche una certa abilità nell'inserimento e, se in giornata, anche una discreta saracca. Io ogni volta che lo vedo giocare ho la certezza di trovarmi davanti ad un fenomeno, un mediano incontrista che diventerà l'ago della bilancia fondamentale per le grandi squadre in cui giocherà. La sua prestazione da capitano contro il Lillestrom. Vero leader, anche se al netto di qualche errore di gioventù 3-Malcom (26/2/97) Nel 2013 Paul Breitner, leggenda del calcio tedesco, in un intervista televisiva in Brasile (al minuto 37:25), con parole che a prima vista potevano sembrare presuntuose, definisce quello che è la situazione disastrosa del calcio brasiliano. Le sue parole verranno confermate un anno dopo dalla disgrazia nazionale chiamata Mineirazo, proprio con la nazionale tedesca nei panni del carnefice. Un uomo però è riuscito, anche se in maniera isolata, a dare spunti tattici interessanti al modesto campionato brasiliano. Parliamo di Tite, allenatore di origine italiana, che dopo un anno sabbatico passato a viaggiare e a studiare dai migliori allenatori del mondo, ha portato il Corinthians a dominare il Brasileirao col suo 4-1-4-1 o 4-2-3-1, e questo ha permesso il definitivo salto di qualità ad un talento mondiale come Malcom. Se non fosse per la crescita tattica avuta sotto il secondo regno di Tite, Malcom (soprannome di Malcom Filipe Silva da Oliveira) sarebbe rimasto il tipico patrimonio del calcio brasiliano, ovvero un giocoliere velocissimo dalla tecnica spaventosa. Non c'è bisogno di farne una descrizione, perché poco più in su in questo articolo troverete quella di Lincoln, che si adatta benissimo anche al talento del Timao. In più però questo anno ha permesso al giovane di imparare importantissimi movimenti difensivi fondamentali nel suo ruolo da esterno sinistro, e la sua facilità di corsa lo rende un vero e proprio stantuffo sulla fascia. Se oggi stesso Malcom arrivasse in Europa, avrebbe molti meno problemi di adattamento dei suoi connazionali, proprio per una conoscenza tattica molto più avanzata dei suoi giovani connazionali e possiede dei movimenti in campo che gli altri giovani verdeoro non sanno cosa sia. Il futuro è suo, il suo sviluppo è già estremamente avanzato ,nonostante l'età. 2-Riechedly Bazoer (12/10/96) Torniamo in Olanda. Torniamo ad Amsterdam. Torniamo all'Ajax. Torniamo al suo gioco spettacolare e ai suoi giovani fenomenali, ma cambiamo completamente tipologia di giocatore. Non è un trequartista tutto tecnica e non è un roccioso difensore. Ma è la next big thing del calcio olandese. E non lo dico io, ma il suo allenatore, Frank de Boer (a proposito di talenti dell'Ajax..). Parliamo di Riechedly Bazoer, 1,85 metri di tecnica e corsa al servizio dei lancieri. Riechedly, nativo di Utrecht, ma originario di Curaçao, Antille Olandesi, è il prototipo perfetto del centrocampista box to box tanto amato oltre manica. La sua tecnica è da manuale del calcio, anche se spesso sfocia in tocchetti leziosi e poco utili, ma parliamo di un uomo fatto e formato nonostante l'età, forgiato dalle tante difficoltà sofferte da piccolo. Tra queste, anche un nipote costretto alla sedia a rotelle da una grave malattia, che lo stesso Riechedly ritiene essere sua fonte primaria d'ispirazione. In realtà il ragazzo non è definibile come un completo prodotto del vivaio Ajax, perché è cresciuto nei grandi rivali del PSV, ma ha deciso di andarsene perché a suo parere "mancava un progetto chiaro per la sua crescita". I Lancieri lo hanno accolto felicemente e ne hanno fatto un perno della prima squadra, ormai indispensabile nonostante non sia passato neanche un anno dal suo esordio in prima squadra. Il paragone naturale è quello con Patrick Vieira, e lo stesso Riechedly non si sottrae e ammette le somiglianze tra lui e il fenomenale francese ex Inter e Arsenal. L'unico dubbio che si può avere sulla sua consacrazione è che molto spesso, arrivati in prima squadra, i ragazzi dell'Ajax tendano a fermare la loro crescita e rimanere spesso delle incompiute, a volte superati anche da giovani ancora più talentuosi. Ma nel caso di Bazoer il giovane non deve temere la concorrenza, perchè non esistono in tutte le giovanili del club giocatori con quelle caratteristiche. Sono più le cose che sa fare che quelle che non sa fare. Fenomeno vero. 1-Ante Coric (14/4/97) Esiste un'isola felice del calcio, dove i ragazzi crescono imparando la tecnica del calcio nei campi polverosi, e questo porta alla creazione di calciatori dal talento enorme, con qualità tecniche fuori dalla norma. E no, per quanto solitamente sia la definizione che si utilizza per descrivere il Brasile,oggi intendo parlare della Croazia, che poi è definita il Brasile d'Europa. E se parliamo di calcio croato, tanto vale pronunciare direttamente il nome della Dinamo Zagabria, da dieci anni dominatrice incontrastata del pur modesto campionato nazionale, e produttrice ogni anno che passa di potentissime macchine produci-skills dalla tecnica mostruosa e dal fisico leggero. Secondo quello che dicono i fratelli Zdravko e Zoran Mamic, padri padroni della Dinamo e del calcio croato, personaggi estremamente ambigui, Ante Coric è il migliore di tutti quelli prodotti in questi anni dai blu.Più forte di Kovacic, più di Modric. In un calcio moderno in cui siamo sempre più abituati alla vista di giocatori che non sanno neanche stoppare come si deve un pallone, Ante Coric ci rimette in pace come il mondo. Lui non controlla il pallone, lo chiude in un cassetto e butta via la chiave. Se lo si vede giocare si ha la certezza che nessuno dei suoi tocchi sarà sbagliato, e non si staccherà dal suo magico piede destro. Ante rappresenta il prototipo perfetto del trequartista, quello che dominerà nei prossimi anni, è già un giocatore tatticamente maturo, non vedo cosa lo possa fermare nel suo processo di crescita. Elisabeth Kubler-Ross, luminare svizzera di stanza in America dagli anni '60 alla sua morte nel 2004, elaborò nel 1970 un modello a cinque fasi in cui veniva descritto l'elaborazione del lutto da parte dei malati terminali con cui aveva lavorato fin dal suo arrivo oltreoceano. Questo modello però non è riconducibile solo a coloro che sanno di essere destinati ad una morte in breve tempo, ma può essere utilizzato anche per descrivere la fine di un amore, o per la fine di una Serie TV a cui ci si era fortemente appassionati. Se nel caso delle relazioni sentimentali non ho al momento alcun riscontro sulla validità del modello della Kubler-Ross, posso con certezza affermare che dividersi da una serie tv è estremamente doloroso, e segue questo modello. La mia esperienza personale si basa sul mio distacco da Mr. Robot, di cui ho letteralmente divorato la prima stagione, serie americana di USA Network, che segue il delirio interiore dell'hacker sociopatico e morfinomane Elliot Alderson e allo stesso tempo la rivoluzione informatica che lo stesso protagonista tenta di attuare con l'aiuto di altrettanto problematici colleghi, raccolti un po' dappertutto nelle periferie di una New York grigia ma luminosa, in cui Elliot viaggia avvolto nella sua contrastante tuta nera con la testa incassata (in una posizione alquanto scomoda) e con gli occhi sempre puntualmente strabuzzati, e sempre in preda ad un dialogo interiore con il suo lato più "umano", che però non appare mai nella serie, alla Godot, lasciando il posto al giovane disagiato che gioca a fare il paladino della giustizia hackerando chi ha commesso piccoli reati facendo soffiate anonime alla polizia. Andiamo quindi ad analizzare secondo il metodo svizzero la mia separazione (temporanea, visto che l'anno nuovo porterà la serie nuova) dalla creazione i Sam Esmail. PRIMA FASE: Negazione. «In principio si nega il lutto come naturale meccanismo di difesa». Appena finito il decimo episodio, il sottoscritto, con l'adrenalina a mille, cerca su qualunque sito di streaming possibile immaginabile gli episodi della seconda stagione, ovviamente senza risultati. Allora mi butto a ricercare tutte le scene tagliate, tutti i ciak sbagliati e tutti i contenuti extra che possono esistere e infine mi butto sulle interviste ai protagonisti, cercando di carpire qualunque cosa utile alla comprensione nel profondo della mente malata di Sam Esmail e delle sue sceneggiature. Questa dipendenza che si viene a creare, che può portare anche a intere stagioni divorate nel giro di pochi giorni, è ciò che segna in definitiva l'enorme successo delle Serie TV, che ormai hanno raggiunto i picchi creativi e geniali del cinema, ma spalmati su un certo numero di slot da 40 minuti. D'altronde, diciamoci la verità, se Via col Vento invece che durare 240 minuti durasse tre stagioni da 8 episodi ciascuno, alzi la mano chi si staccherebbe dallo schermo anche solo per un secondo. Penso che non sarebbero in molti, e io non sarei tra questi, nonostante non sia mai riuscito a vedere e a godermi interamente un capolavoro come quello tratto dal romanzo di Margareth Mitchell. SECONDA FASE: La rabbia. «Quando si realizza la perdita, subentra un enorme carico di dolore che provoca una grande rabbia alle volte rivolta verso sé stessi o persone vicine o, in molti casi, verso la stessa persona defunta». Scoperta l'amara verità la rabbia porta a scagliarsi contro registi, sceneggiatori e cast intero che non hanno ancora rilasciato la seconda serie "sicuramente perché sono troppo pigri. Sempre detto che gli americani sono inaffidabili". La reazione è dovuta anche all'impotenza che si prova, perché non puoi presentarti da Rami Malek (ovvero Elliot Alderson) e costringerlo a recitarti sul momento l'intera seconda stagione in anteprima mondiale rispetto a tutta la pletora di fan che come il sottoscritto, sta aspettando la fine del montaggio per godersi di nuovo le avventure del suo sociopatico preferito (che però secondo il sottoscritto in una classifica viene subito dopo l'inimitabile Sheldon Cooper). Siamo in un circolo vizioso che può terminare solamente con il termine definitivo della suddetta serie, che però non farebbe altro che acuire il dolore e aumentare i tempi del passaggio da una fase all'altra. Ma alla fin fine siamo tutti sulla stessa barca, tutti noi vogliamo sapere come proseguirà il progetto della fsociety e quali armi metterà in campo la Evil Corp per sconfiggere le maschere baffute che li hanno messi in ginocchio. Esisterebbe una soluzione per saltare le altre tre fasi, che sarebbe molto semplicemente iniziare a guardare un'altra serie, ma io prima di accorgermene avevo oramai passato anche le altre fasi dell'elaborazione del lutto. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Nessuno di noi sa cosa accadrà in questo 2016 da poco iniziato, ma penso che tutti quanti in questo momento stiamo pensando cosa potrebbe accadere di speciale, che cosa potrebbe essere inserito nel nostro album dei ricordi con la data del 2016 (o 2008, se seguite il calendario etiope, o addirittura 2966, se seguite quello berbero). Intanto, in maniera quasi nostradamica, mi lancio in un tentativo quasi impossibile di indovinare qualche previsione su eventi sportivi che segneranno questa annata. Con ogni probabilità, a dicembre prossimo mi ritroverò, con davanti una fetta di pandoro, a ridere leggendo tutte le previsioni assurde fatte in questo pezzo. Dominio Sagan Thor Hushovd, Mark Cavendish, Philippe Gilbert, Rui Costa, Michal Kwiatkowski. Tutti questi nomi hanno qualcosa in comune. Sono tutti (grandissimi) ciclisti e sono tutti diventati campioni del mondo, in rigoroso ordine cronologico. Inoltre tutti questi atleti non hanno poi confermato, nella stagione con indosso la maglia iridata, i grandi risultati degni di un campione del mondo, e per questo hanno contribuito alla "Maledizione del mondiale". Se c'è un ciclista che sembra in grado di far tornare la maglia coi colori dell'iride al suo massimo splendore, sicuramente quello è Peter Sagan, il funambolo slovacco laureatosi a Richmond campione del mondo, con uno scatto degno dei migliori finisseur. In un ciclismo sempre più internazionale e dalla stagione sempre più allungata, Peter Sagan decide di iniziare la sua stagione 2016 al Tour Down Under, e in febbraio, come suo solito, raccoglie tantissime vittorie nelle piccole corse Continental a cui partecipa con la sua Tinkoff-Saxo. Arrivato al meglio alla Tirreno-Adriatico, riceve ottimi segnali per quanto riguarda la Classicissima di Primavera. Alla Milano-Sanremo vive una gara tiratissima, con tutte le pressioni addosso. Fermati tutti gli avversari sul Poggio, vince con una volata potentissima e finalmente mette una pietra sopra quella infinita lista di secondi posti che hanno accompagnato in questi anni il migliore talento del ciclismo mondiale. Tutta l'attenzione dei fan del ciclismo si sposta a inizio aprile sul nord della Francia, e si catalizza sull'Inferno del nord, quelle pietre che non guardano in faccia a nessuno, quelle pietre che se trattate con cortesia aiutano anche il più modesto dei gregari, ma che se stuzzicate non guardano in faccia a nessuno, nemmeno se quel qualcuno porta sul petto i colori dell'Iride. Proprio su una di queste pietre storiche della Parigi-Roubaix Sagan fora e con i suoi compagni si lancia in un inseguimento disperato che non ottiene risultati. Una delusione, anticipata in precedenza da un terzo posto nel Giro delle Fiandre. Peter non ha la benchè minima intenzione di ritornare nel limbo dell'eterno piazzato e concentra tutte le sue forze sul Trittico delle Ardenne, per replicare l'impresa firmata da Davide Rebellin nel 2004. Prima resiste sul Cauberg e vince l'Amstel, a metà settimana doma Huy sopravvivendo a tutti gli attacchi di quei piccoli elfi indiavolati che corrispondono al nome di Vuillermoz, Purito e Valverde, infine brucia in volata Daniel Martin e realizza così una tripletta storica, che consegnano lui e la sua maglia iridata alla storia. Ma per completare una stagione da gloria eterna del paradiso ciclistico è necessaria un'ultima impresa. Un'impresa più grande dell'ennesima maglia verde al Tour, più grande del ritorno alla vittoria nella Grand Boucle. Un'impresa che può arrivare solamente ogni quattro anni e che solo i più grandi sono in grado di realizzare. Quell'impresa è l'oro olimpico di Rio. La gara non è un tipico percorso da Sagan (per quanto lo slovacco sia capace di vincere in ogni modo) e come al solito Peter dovrà correre da solo, vista la totale assenza di compagni di livello, ma inserirlo tra i favoriti è d'obbligo. Attaccatosi al treno belga per Van Avermaet, approfitterà del lavoro degli avversari per bruciare tutti in volata e laurearsi campione olimpico. A fine anno, ai Mondiali, perderà la maglia iridata, ma poco importa, visto il dominio impresso dallo slovacco all'intera stagione del ciclismo, che entrerà nella stagione come l'anno in cui Sagan ha dato inizio al suo regno decennale sul mondo delle due ruote. Higuain Brothers Il fratello del grande campione, se pratica lo stesso sport del parente, è spesso destinato a essere valutato molto meno rispetto a come lo sarebbe stato se fosse stato figlio unico. Portano sulle spalle la colpa di non aver reso onore al talento del fratello, perché non egualmente forti. Così Beppe Baresi, così Enzo e Aldo Moser scompaiono di fronte ai più famosi Franco e Francesco. Così Federico Higuain viene trattato da molti alla stregua di un Cesar Prates qualunque. In realtà Federico non prova alcuna invidia per la carriera del fratello (o almeno così lui dice), in primis perché parliamo di due giocatori estremamente diversi per ruolo e personalità, ma anche perché la stessa situazione vissuta da Gonzalo a Napoli è quella che ormai da un paio d'anni vive a Columbus il più grande dei calciatori-Higuain. Federico Higuain è uno dei talenti più puri del calcio oltreoceano, una tecnica fuori dal comune gli permette di regnare nelle trequarti avversarie e lo rendono un uomo chiave nell'organizzazione dei Crew, creatore di azioni, insieme a Will Trapp, che molto spesso portano alla conclusione finale (e solitamente anche al gol) di Kei Kamara. Altrimenti, il gol lo trova Higuain spesso, e non di rado capita di vederlo realizzare con la sua specialità, ovvero il pallonetto (o chip, se preferite l'inglese). Il suo tiro non è una tripla alla Steph Curry, che si alza con una traiettoria ad arco, come un normale pallonetto, i suoi chip sembrano molto più un normale tiro da fuori, leggermente più lenti. Il pallonetto di Federico è come il Ponte della Musica di Roma. Preciso, semplice, non esageratamente pretestuoso. Un pallonetto modesto come Federico, che non ha la minima intenzione di paragonarsi al fratello minore. Improvvisamente però, nel mese di gennaio 2016, una notizia improvvisa sconvolge il tifo di Columbus. Federico Higuain si ricongiunge al fratello a Napoli. In realtà che qualcosa sarebbe accaduto lo si poteva immaginare quando Columbus con la sua prima scelta al Draft scelse Patrick Hodan da Notre Dame University, stesso ruolo e stesse capacità di Federico. Quindi per la prima volta i fratelli Higuain si ritrovano a giocare insieme e a favorire la scelta è Maurizio Sarri, che vede nel 31enne argentino l'uomo perfetto per ricostruire anche a Napoli il suo 4-3-1-2 empolese, abbandonato nel capoluogo partenopeo dopo le prime difficoltà. Il contratto prevede un prestito di sei mesi non prolungabile, ma questa scelta è subito rimpianta da Giuntoli e De Laurentiis. Alla prima partita giocata insieme i due subito lo spettacolo è incredibile. Il Napoli ospita il Sassuolo e al trentesimo minuto i due fratelli si lanciano in un uno-due continuo che si conclude con un filtrante del fratello maggiore per il fenomeno di famiglia. Venti minuti dopo Federico mostra la specialità della casa e coglie da 25 metri Consigli fuori dai pali. La famiglia Higuain raggiunge l'estasi massima. Ma la prima partita dei due non è un fuoco di paglia. I due continuano a dare spettacolo e raggiungono la partita decisiva per lo scudetto con un rendimento da urlo. 8 gol e 11 assist per Federico, mentre Gonzalo aumenta di 10 il suo numero di gol e di 4 il suo bottino degli assist. Alla penultima giornata il Napoli vola a Torino a sfidare i granata. In una partita tiratissima si arriva al 90esimo con la partita sullo 0-0, che rimanderebbe alla partita col Frosinone la vittoria del terzo scudetto. L'arbitro Rizzoli fischia una punizione. Federico si prende la responsabilità. Come Michael Jordan alla sua prima finale universitaria con Carolina, e come MJ, Higuain senior la mette. Napoli esplode. Gli Azzurri sono campioni d'Italia. Federico si è preso il suo attimo di gloria in coabitazione col fratello. Per la prima volta in vita sua non è quello più scarso, quello di cui non interessa niente a nessuno. I fratelli Higuain si sono ricongiunti e insieme hanno scritto la storia. Federico a giugno torna a Columbus, con nel cuore il sogno di realizzare un'impresa irripetibile. Dopo aver vinto con il Napoli, FH vuole trascinare i Crew al titolo della MLS scivolato, come il portiere Clark dopo 25 secondi, l'anno prima con Portland. Riprende la squadra in cima alla classifica e la trascina fino alla finale dei playoff. Contro, per la prima volta nella sua breve storia, Toronto, trascinata dalla solita Formica atomica. Stavolta però niente drammi, il titolo arriva. Justin Meram crossa e Kamara la butta dentro, poi Tchani schiaccia su angolo di Higuain. Nulla può Giovinco che prova ad accorciare le distanze, ma è tutto inutile. Columbus vince la MLS del 2016 e Federico Higuain realizza un doblete di campionati storico, entrando nella memoria di tutti non più semplicemente come il fratello di Gonzalo, ma come un giocatore indipendente. Sicuramente meno talentuoso, ma non meno importante. Perché un fratello di un campione non è mai semplicemente IL fratello, ma è uno sportivo a parte, con una sua carriera e delle sue capacità, e questo, per chi racconta lo sport, dovrebbe sempre ricordarlo. Ultimo tango a Monaco Scrivere di Pep Guardiola in un numero ristretto di righe è un qualcosa di estremamente complicato. Anzi, non è assolutamente possibile. Pep il capitano del Barcellona, Pep l'attivista per l'indipendenza della Catalogna, Pep il genio della tattica, Pep l'uomo ossessionato dal calcio. Josep Guardiola i Sala da Santpedor, intellettuale e ossessivo, studioso e carismatico. Un personaggio da film. Il suo addio al Barcellona ha fatto rumore, e altrettanto ne sta facendo quello al Bayern, dopo un periodo caratterizzato al momento da un dominio totale in Germania, affiancato da una cronica impossibilità di replicare i successi europei di Heynckes. Diciamoci la verità, in Italia sarebbe impossibile pensare di annunciare il nuovo allenatore sei mesi prima del suo arrivo, con ancora tutta la parte clou della stagione da giocare. I tifosi e i giornalisti passerebbero le giornate a discutere sulla professionalità che possono avere i giocatori con un coach che tutti sanno avere le ore contate. In Germania è leggermente diverso. Heynckes stesso ha realizzato col Bayern il triplete, pur sapendo che Pep avrebbe preso il suo posto, Klopp ha aiutato l'ultima volta il Borussia Dortmund portandolo dall'ultimo al settimo posto, anche se sicuro di voler cambiare aria, e Lewandowski non ha certo smesso di bombardare le reti nel suo ultimo anno nella Ruhr, prima di approdare agli acerrimi rivali bavaresi. Per questi pochi mesi restanti l'unico compito di Guardiola è quella di abbandonare in Europa la sua veste di scienziato pazzo e sperimentatore che ha mostrato in questi anni a vincere la Champions, l'ossessione, per un top club come il Bayern. La squadra c'è, il gioco pure e al momento il solo Barcellona sembra avere una qualche possibilità di fermare i bavaresi. Si, esattamente il Barcellona casa madre di Pep, la squadra per cui ha lottato in campo e in cui ha creato un modello di gioco che ancora adesso sta facendo la fortuna di Luis Enrique e che ha creato centinaia di proseliti del guardiolismo nel mondo. In febbraio il Bayern ritorna sulla scena continentale e sfida la Juventus, finalista l'anno scorso. Non è una partita facile come il quarto di tre anni prima, ma i bavaresi passano grazie a Lewandowski, che intanto sta continuando a umiliare tutti i portieri avversari e ogni record possibile per una punta.
I quarti vengono passati molto più facilmente. Guardiola sfida Van Haezebrouck, uno dei nuovi coach più interessanti, che ha creato il miracolo Gent, che addirittura ha passato il turno col Wolfsburg. Ma la differenza con il Bayern è troppa, e i tedeschi passano con tranquillità alla semifinale dove li aspetta il Real, per vendicare il 4-0 sofferto in casa contro i merengues della Decima con Ancelotti (ovvero colui che due mesi dopo si prenderà in mano il giocattolo di Pep). Muller e Lewandowski sono in serata di grazia e si confermano quella coppia bruttina da vedere ma estremamente efficace e letale. Due a zero a Madrid, tre a uno in quel dell'Allianz Arena. La finale di Milano, come nei migliori film, mette di fronte l'eroe al suo passo d'addio contro il suo vecchio amore, in un incrocio tanto romantico quanto elettronicamente instabile. Rispetto alla semifinale dell'anno prima però, il Bayern non ha assenti da rimpiangere, e la partita sembra destinata ai supplementari, anche grazie ad un miracolo di Neuer su Messi, nonostante ciò che Guardiola dica da sempre della Pulce. A tre minuti dalla fine Thiago Alcantara, l'altro ripudiato del Barça, lancia lungo sulla fascia, Douglas Costa si lancia in uno dei suoi dribbling da Museo del Louvre e la mette in mezzo. La prende Lewandowski. Gol. Il Bayern vince la Champions. Guardiola ha ballato il suo ballo d'addio. Guardiola ha vinto l'ultima volta in Germania. Il mondo del calcio non è ancora pronto a staccarsi da lui. Pep prepara i bagagli e vola a Manchester, per tentare l'impresa di rendere bella e vincente (oltre che estremamente poetica) una squadra costosa e senza storia. E io non posso che augurargli il meglio. Wiggo takes it all Qualunque sportivo, per riuscire a realizzare i propri obiettivi ha bisogno di stimoli. Stimoli che possono essere di qualunque tipo e di qualunque origine. Ad esempio l'amore per uno sport può rendere un giovane più determinato a sfondare in quella disciplina. L'amore per il ciclismo e per le sue leggende è indubbiamente ciò che ha spinto Bradley Wiggins a porsi ogni volta un obiettivo diverso, e che lo ha portato ogni volta a superarlo brillantemente. Sir Wiggo, nato a Gent, ma british fino al midollo, in soli 15 anni ha vissuto un'infinità di vite ciclistiche. Nato come pistard figlio d'arte (suo padre Gary fu campione del mondo nella specialità dell'Americana), è diventato il leader mondiale della disciplina, poi, dopo le Olimpiadi di Pechino 2008, ha deciso di tentare l'impresa della vittoria al Tour de France, la corsa delle corse. Un'impresa che a tutti sembrava impossibile. Ma quando la passione ti prende alla gola e ti spinge oltre i limiti stabiliti dal resto del mondo, tutto quanto sembra più facile e possibile. Anche grazie ad un percorso superfavorevole il britannico vince la Grand Boucle, realizzando il sogno di tutti i bambini cresciuti con i pedali sotto i piedi. Come se non bastasse nelle Olimpiadi casalinghe Bradley Marc Wiggins vince l'oro olimpico nella cronometro su strada. Questa vittoria lo rende uno dei personaggi più popolari dello sport inglese. Come l'altra leggenda della pista Chris Hoy, Wiggo e le sue basette diventano MBE, ovvero Member of the British Empire, e diventa quindi per tutti Sir Wiggins. Se qualcuno non lo avesse ancora capito, Bradley Wiggins è un personaggio totalmente diverso da quelli che siamo abituati a vedere soffrire e sudare su quei comodi sellini.E in questo caso le basette non c'entrano assolutamente nulla. Bradley Wiggins è diverso dagli altri ciclisti perché quella passione che lo ha reso uno dei migliori al mondo sconfina spesso nel rispetto per le grandi corse e per le tradizioni delle due ruote. Lo dimostra il fatto che nel 2013, in barba a tutti gli sponsor che lo avrebbero voluto assolutamente vedere difendere la maglia gialla al Tour, lui abbia scelto di puntare tutto sul Giro d'Italia, perché vincere un Giro e un Tour vale molto di più di terzo posto alla corsa francese da campione in carica. E fa niente che il suo passaggio in Italia sia stato fallimentare, quella sua dimostrazione d'affetto per la corsa rosa vale molto di più di qualunque Trofeo Senza Fine. La sua terza vita ciclistica è subito successiva al fallimento italiano. Bradley dimostra una perfetta conoscenza della storia sportiva e dell'epica ciclistica e decide di spostare tutte le sue attenzioni sulla Parigi Roubaix. L'inferno del Nord. Vincerla regala un posto nell'Olimpo del ciclismo. In realtà Wiggins non riuscirà a vincerla, ma otterrà un ottimo decimo posto e si ritirerà così dal ciclismo su strada, che lo ha visto anche interrompere il lungo dominio del Panzerwagen Tony Martin nella sfida su strada contro le lancette, vincendo il mondiale a cronometro in quel di Ponferrada. Adesso, Wiggo, anzi Sir Wiggo è tornato all'amore originale, è tornato alla pista. Subito si è fiondato sul Record dell'Ora, riaperto alle bici da cronometro dopo lo stop della UCI dei primi anni 2000. 54,526 km. Cinquantaquattro kilometri e cinquecentoventisei metri in un'ora. Il baronetto di Gent lo ha definito "simile ad un parto". D'altronde le imprese non sono mai facili, e ancor di più lo sono quelle titaniche, quelle che superano anche i nostri pensieri più rosei, quelle che stampano risultati inumani sui libri dei record. Arriva il 2016. Arrivano le Olimpiadi. Wiggins affronta la sua ultima avventura su pista prima di concludere, con le ultime "sei giorni" in giro per l'Europa, la sua carriera da leggenda. Nell'inseguimento a squadre rriva l'oro, ma la sua ultima avventura è quella si dell'inseguimento, ma individuale. Nel velodromo brasiliano, arriva l'ultima grande impresa. L'ultima sfida si è conclusa. L'ennesima vita ciclistica di Bradley Wiggins è finita. Il buen retiro che attende ogni sportivo raggiunge anche le basette più famose del mondo. E ancora una volta, Wiggins ha preso tutto. Wiggo takes it all, come dicevano (quasi) gli ABBA. La passione e l'amore per il ciclismo lo hanno spinto oltre le massime capacità fisiche che Madre Natura gli aveva dotato. Nel suo ultimo classificone finale dell'anno su Grantland, Rembert Browne sottolineava come, con il passare del tempo, fosse necessaria più una classifica riguardo a chi avesse perso l'anno, più che quella riguardo a chi lo avesse vinto.
Per questo mi sono preso la briga di fare ciò che Grantland non è riuscito a fare vista la sua chiusura. Ecco quindi la sfida per il nient'affatto gradevole titolo di perdente dell'anno. Probabilmente anche l'anno prossimo sarà avido di notizie tragiche come lo è stato il 2015. Ma sicuramente il 2016 sarà il primo anno senza Demis Roussos, John Nash (a cui fu ispirato A Beautiful Mind), Anita Eckberg, Camille Muffat, Leonard Nimoy, Sam Simon, Piero Ingrao, Gunther Grass, Ben King, Jerry Collins, BB King, Omar Sharif, e molti altri personaggi (Wikipedia riporta che 721 persone con una voce sul sito sono morte in questo anno). La struttura del #WL15 è uguale a quella del classificone riguardante i vincitori dell'anno, presentiamo quindi i 32 "fortunati" che si giocano il titolo. Storm Trophy PRIMO TURNO Prima sfida: I cuori su Twitter: Che dire. Continua purtroppo il processo di facebookizzazione dei 140 caratteri più famosi al mondo. Al posto delle stelline dei preferiti si presenta il cuoricino dei "mi piace", che è proprio brutto da vedere, ma brutto forte eh! Personalmente, rivoglio le stelline. Non mi piace. Alexis Tsipras: Innanzitutto, io ho sempre sostenuto e sempre sosterrò le politiche del premier greco, e soprattutto potrebbe sembrare strano l'aver inserito in questa classifica l'uomo che ha l'invidiabile record di aver vinto tre elezioni in un anno. Ma molto semplicemente è stato, durante tutto il periodo delle trattative, di un ministro dell'economia impresentabile, che aveva come unico obiettivo l'uscita dall'Euro della Grecia e il suo successivo fallimento. Questo gli ha pregiudicato ogni possibilità di trattative con i creditori. OXI. Risultato: Passa il turno il Premier greco, che tanti problemi ha avuto in questo primo anno di governo. La mia speranza è che riesca a far risalire la Grecia dal baratro da cui è crollata, ma l'impressione è che ci vorranno molto più che 4 anni di buon governo. Seconda sfida: Nazionale di Rugby inglese: Se voi aveste chiesto ad un qualunque inglese che cosa si aspettava dal recente mondiale di rugby ospitato in casa, chiunque vi avrebbe risposto che si aspettava la vittoria finale. Sicuramente, vista la presenza dei fenomenali All Blacks, forse i migliori di sempre, la vittoria non sarebbe stata certo facile, ma venire eliminati in casa da Australia e (soprattutto) Galles può tranquillamente portare al lutto nazionale e a un dramma collettivo fra i sudditi di Elisabetta. Flags at half-mast. MotoGP: Ha ancora senso parlarne? Io il mio parere lo ho già espresso. Si è posta una pietra tombale definitiva su questo sport. L'immagine che ha dato di se è stata sconcertante, e non mi riferisco solo al biscottone spagnolo, ma anche alla quantità di risentimento che ha creato e alle conseguenze che ha portato agli altri piloti, che in pratica si sono (ingiustamente) spostati per far passare Rossi, col rischio che in caso di incidente col Dottore sarebbero stati additati di una timoglockata. Funerale. Risultato: Lo spettacolo finale che ha regalato la MotoGP è stato evidentemente the worst sport's event of the year, e viene molto difficile pensare che qualcosa o qualcuno possa battere il MarquezGate Terza sfida: Il Calciomercato della Fiorentina: Premessa, adoro come gioca la Fiorentina, e stimo al massimo Paulo Sousa, ma quest'estate la dirigenza fiorentina ne ha combinate di cotte e di crude. Sono quattro i casi estremamente controversi del mercato viola, a cui va aggiunta anche la separazione improvvisa dall'Areoplanino Montella. Prima Salah, con cui si è arrivati ad uno scontro totale che è arrivato fino alla FIFA, per continuare con Astori, scippato al Napoli con cui aveva in pratica firmato, e Milinkovic-Savic, che addirittura aveva raggiunto la sede della FIorentina per firmare. In conclusione l'addio burrascoso con Joaquin, che voleva ad ogni costo tornare al suo amato Betis, con cui è stata creata una guerra fredda inutile e confusionaria. Sanguinari. Nazionale di calcio brasiliana: Nazionale senza idee e senza talenti, ormai. Il Brasile di Pelé, Socrates, Romario, Ronaldo, polverizzato da un ammasso di scarpari sopravvalutati che rispondono ai nomi di Fred, Diego Tardelli, Jo, Paulinho e altri. L'unico vero brasiliano si chiama Neymar, ma proprio nel momento del bisogno il genietto brasiliano ha confermato i suoi capricci da bambinetto, facendoci espellere per essersi vendicato nei confronti di Zuniga che lo aveva tolto dalla semifinale che poi diverrà nota come Mineirazo. Saudade. Risultato: Una serie di casi che hanno sconvolto più e più volte l'ambiente del calcio fiorentino, che quindi passa il turno ai danni dell'Armata Brancaleone in salsa verdeoro Quarta sfida: Quintana e Valverde: I due migliori gregari di Chris Froome nella conquista al suo secondo Tour de France. Peccato solo che lo spagnolo e il colombiano avrebbero dovuto essere i rivali del Keniano, e nonostante fossero rispettivamente secondo e terzo, non hanno mai e poi mai attaccato il Vroome Vroome, anzi, hanno tirato quando gli altri rivali lo attaccavano. Atteggiamento incomprensibile, giustificato solo dalla paura di perdere anche le due posizioni sul podio, poi portate fino agli Champs Elysees. Ah ma quindi lo dobbiamo staccare? Feyenoord Ultras: Questa pagina ha colpito direttamente noi romani. Un gruppo di ubriaconi, perchè questo sono, conosciuti da tempo per la loro violenza, hanno distrutto una delle più belle fontane di Roma, d'Italia, e del mondo. Sicuramente una grossa responsabilità va data alla polizia, che non ha saputo, o forse non ha voluto, bloccare questa barbarie. Mettiamoci anche la banana lanciata a Gervinho, ed ecco che abbiamo un gruppo di "tifosi" che non dovrebbe vedere una partita di calcio da qui al 2035. Belve. Risultato: La distruzione di uno dei capolavori di Roma e di un architetto come il Bernini non può passare sotto traccia, continuano questa poco onorevole gara i tifosi del Feyenoord. SECONDO TURNO Alexis Tsipras VS MotoGP Calcmercato Fiorentina VS Feyenoord Ultras TERZO TURNO MotoGP VS Feyenoord Ultras Questa prima divisione vede chiaramente passare la querelle finale che ha colpito la MotoGP, che si conferma come la favorita al "trionfo" in questa #WL15 Derbay PRIMO TURNO Prima sfida: Parma FC: Il Parma in una sola sessione di mercato aveva mosso, tra cessioni e acquisti oltre mille e trecento giocatori, e si ritrovava sotto contratto oltre 200 professionisti. Nessuno si è chiesto come abbiano fatto e con quali soldi. Pian piano si è scoperto tutto, ma nessuno ha fatto niente. Intanto, con centinaia di milioni di debiti, il Parma ha passto due cambi di proprietà tra personaggi alquanto misteriosi e ha continuato a fare mercato (non si sa con quali soldi). A giugno il Parma è fallito, ed è ripartito dalla D, stavolta con un progetto serio e sicuro. Risalita. L.A. Lakers: Non c'è nulla di logico nell'ultima stagione della più famosa franchigia della NBA. Nulla di nulla. Gestione dello spogliatoio e della squadra non degna di un campionato professionistico, scelte assurde. E alla fine di questa stagione si ritirerà pure Black Mamba Bryant. In questo momento non vorrei essere nei panni del povero D'angelo Russel, che avrà addosso tutta la pressione di un ambiente caotico come quello dello Staples Center. Più che Lacustri, Paludosi. Risultato: Per quanto disastrosa, la stagione dei Lakers non è paragonabile alle macerie lasciate dalla gestione Ghirardi a Parma, i ducali passano il turno Seconda sfida: Claudio Lotito: Però ragazzi, dai su, cercate pure di collaborare, eh! Er povero Sor Claudio mica può sopportare certi traumi come il Frosinone e il Carpi in Serie A, ha una certa età, problemi di cuore... nun se fà! E occhio che per il momento vedo molto in alto anche il Crotone... GOMBLODDOH. #Messinasenzacqua: Una città rimane per giorni interi senza acqua, e intanto invece di provare a sistemare la situazione si pensa a costruire un'opera inutile e grandiosa che costerà un sacco di soldi. Non siamo nell'antico Egitto, siamo nel 2015 in Italia e non si vuole costruire una piramide bensì il ponte sullo stretto di Messina, mentre proprio il capoluogo è in crisi totale vista la mancanza di acqua per colpa di una frana che ha colpito il sistema idrico della città. Arretratezza. Risultato: Penso che tutti i messinesi siano d'accordo con me nel definire quello che è accaduto nella città siciliana come un qualcosa che non può accadere nel 2015 e in un paese come l' Italia Terza sfida: Chelsea: Si, ok, hanno vinto il titolo, ma per il resto la stagione dei Blues non è affatto degna della fama costruita dal club in questi anni. Hanno faticato in un girone di Champions modesto e stanno navigando in acque tremende nella neoiniziata Premier. Mentre, nella precedente Champions League, nonostante una partita giocata quasi tutta in superiorità numerica, con gli avversari privi della loro stella, sono riusciti a farsi eliminare dal PSG con una prestazione pessima, tesa a difendere il risultato dell'andata. L'esonero di Mourinho è stato il pessimo coronamento di questa stagione. Blues di rabbia. Nazionale Olandese di calcio: Passare in due anni dal terzo posto al mondo al quarto posto in un girone di qualificazione europeo, davanti solamente a Kazakistan e Lettonia. Gestione disastrosa del dopo-Van Gaal da parte della federazione orange. Prima il derelitto Hiddink, poi l'inesperto Blind, inoltre un grosso calo delle vecchie stelle Sneijder, Robben, Van Persie e Huntelaar ha privato il gruppo di solidità. Disastro. Risultato: Nonostante il calo repentino delle due compagini, gli olandesi hanno rovinato una nazionale da terzo posto mondiale e la hanno resa una squadra incapace di qualificarsi ad un Europeo a cui si sono qualificate più nazionali di quante ne abbiano eliminate.. Quarta sfida: Le code di EXPO: Si, è vero, le interminabili code degli ultimi giorni dell'Esposizione Universale hanno anche creato un filone comico divertente e alcune storie incredibili (dico solo Kazakistan..), però hanno sicuramente messo in cattiva luce l'organizzazione italiana. Facevi prima ad andare in macchina in Svizzera che ad entrare nel padiglione elvetico....Exposti. Ignazio Marino: Ha definitivamente mostrato, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che non basta essere onesti per entrare in politica, ma bisogna saper gestire tutte le situazioni. Invece Marino, onesto, ma estremamente ingenuo, nonostante avesse aiutato la polizia a scoperchiare il caso di Mafia Capitale è stato travolto dall'onda d'urto dello scandalo, e alla fine per una cosa alquanto futile come gli scontrini di un ristorante è stato costretto alle dimissioni. Ingenuo. Risultato: Passa, sfortunatamente, il turno il sindaco, che tutti quanti, dai suoi oppositori fino addirittura ai suoi compagni di partito. SECONDO TURNO #Messinasenzacqua VS Claudio Lotito Nazionale Olandese VS Ignazio Marino TERZO TURNO #Messinasenzacqua VS Nazionale Olandese Questa poco onorevole divisione viene vinta dalla poco onorevole gestione della rottura del sistema idrico della città siciliana. Cumberdivision PRIMO TURNO Prima sfida: Francia: Brutto da dirsi, soprattutto considerando che nel momento in cui sto scrivendo sono passate poche ore dagli attacchi terroristici nel centro di Parigi. Ma quest'anno troppe stragi hanno colpito il paese transalpino. Non solo gli attacchi terroristici di Charlie Hebdo e del Bataclan, ma anche il volo German Airlines distruttosi sulle Alpi savoiarde per la pazzia del pilota Andreas Lubitz, e il drammatico incidente d'elicottero che in Argentina è costato la vita a grandi sportivi francesi come l'oro olimpico Camille Muffat. E non dimentichiamoci anche dei grossi problemi di politica interna e degli scandali che hanno travolto François Hollande, il presidente della repubblica. #PrayForFrance. Fernando e la sua GP2: "Me ne vado dalla Ferrari perchè sono stanco di arrvare sempre secondo". Meglio non arrivare proprio vero Nando? L'unica cosa che migliora la sua stagione è la botta di ironia che lo ha colpito nel GP del Brasile, prima prendendo il sole a bordo pista, poi saltando sul podio con il compagno di squadra Button, per "festeggiare". Probabilmente festeggiano il premio per il maggior numero di posizioni di penalità in griglia... Forever Alon(so)e. Risultato: Excuse moi, ma in un anno così pieno di fatti tragici la Francia passa il turno, e Alonso si consolerà con un posto nel presepe dei nostri cuori. Seconda sfida: Justin Gatlin: Da anni ormai, Justin è visto come il cattivo del circuito mondiale dell'atletica. Due volte squalificato per doping, due volte tornato. A credere ai tempi straordinari fatti dall'americano in questa stagione sono ormai pochi a crederci (e io sono tra questi), ma tutti lo vedevano come naturale favorito ai mondiali di Pechino 2015. E invece no, il re Usain è tornato. E ha trionfato. Gatlin è tornato a casa senza medaglie d'oro. Sconfitto. The Program: Il film sulla carriera di Lance Armstrong, costruita su una serie infinita di bugie e complotti contro gli avversari. Tutto crollato come un castello di carte nel 2013 con l'intervista dalla Winphrey. Doveva essere il biopic dell'anno, si è rivelato alquanto fallimentare al botteghino. Forse perchè il pubblico non era molto interessato a vedere un qualcosa su cui si sa già tutto, e non c'è più alcun segreto. Inseguitore. Risultato: Indubbiamente Gatlin, l'atleta più atteso al mondiale pechinese, e quello uscito con le ossa più rotte alla fine del torneo. Terza sfida: Sepp Blatter: L'era monarchica dello svizzero è finalmente conclusa. Gli anni di corruzione e ruberie probabilmente continueranno anche sotto il prossimo presidente (soprattutto se verrà eletto Platini), ma perlomeno consoliamoci col fatto che tutti gli scandali, di cui tutti sapevano, ma tacevano, sono usciti alla scoperta, e gli 8 anni di squalifica sono una giusta pena per l'ex padre padrone del calcio mondiale. Mummia. Olimpia Milano: Dopo aver vinto il tanto atteso campionato dopo oltre vent'anni e dopo il fallimento di Siena, la corazzata milanese nelle previsioni avrebbe dovuto dominare senza nemmeno combattere il modesto campionato italiano. Invece le scarpette rosse sono uscite sconfitte dai vari confronti con la Dinamo Sassari di Meo Sacchetti, e sono stati prematuramente esclusi dall'Eurolega. Annata per niente Gentile. Risultato: Il neo-squalificato Blatter continua la sua avventura, troppo grande e troppo rumoroso il tonfo che ha fatto la sua caduta dopo anni di dittatura in quel di Ginevra. Quarta sfida: Grantland: Il re è morto. Evviva il re. Il sito che ha rivoluzionato il modo di fare giornalismo ha chiuso, cosa quasi scontata dopo l'addio a ESPN di Bill Simmons. Per voi profani che non avete sentito mai parlare di questo magazine online, e non sapete minimamente chi sia Simmons, beh, mi spiace per voi. Non per essere blasfemi, ma Bill Simmons è come Gesù, e Grantland la Bibbia, e tutti quei giornalisti fenomenali come Zach Lowe e Kirk Goldsberry altri non erano che i discepoli. Mai più probabilmente vedremo un tale assembramento di fenomeni della penna nello stesso sito. Lo so che è ingeneroso mettere tra i perdenti chi ha inventato questa classifica a cui io mi ispiro, ma purtroppo non posso fare altro. La Bibbia dei nerd. Il Volo: Sicuramente i risultati nelle competizioni non hanno certo reso drammatico l'anno dei tre tenorini. A rendere l'anno negativo è sicuramente stato lo sfoggio di presunzione loro e dei fan come reazione per quello che dovrebbe essere un risultato fantastico come il terzo posto all'Eurovision, tra l'altro corredato da tutti i record di punti italiani e da un punteggio che in qualunque altra edizione (escluso 2009 e 2012) avrebbe assicurato la vittoria e il microfono di cristallo. Sicuramente non una grande figura mediatica. Presuntuosi. Risultato: è con enorme rammarico che devo dire che a qualificarsi al turno successivo è la vecchia casa del geniale Bill Simmons, che ha cambiato il modo di fare giornalismo e di raccontare lo sport, ma evidentemente troppo acculturato e troppo ben fatto per la ESPN SECONDO TURNO Francia VS Justin Gatlin Sepp Blatter VS Grantland TERZO TURNO Francia VS Sepp Blatter L'uomo che ha massacrato il calcio, rendendolo un prodotto meramente economico e non più una passione, si prende il titolo di vincitore della Cumberdivision, e passa alle semifinali Kei-Kni Cup PRIMO TURNO Prima sfida: One Direction: Twitter è un grande social. Peccato soltanto che ogni volta che vai a vedere sui trending topic almeno due degli # più utilizzati sono legati alle directioner. In pratica Twitter è un regno delle fan dei 5 (anzi 4) inglesi. Tra l'abbandono di Zayn, i litigi tra l'ex componente, Naughty Boy e gli altri 4 della band, l'annuncio di un anno di pausa (che però visti i risultati delle "pause" di altri cantanti potrebbe fare benissimo alla band) e una serie infinita di voci di gossip (a proposito, mi devono spiegare ancora perché i poveri Harry e Louis debbano essere per forza una coppia gay, saranno cazzi loro o no?) il 2015 è un qualcosa che immagino in quel della SYCO sia un qualcosa che vogliono dimenticare presto. Molte direzioni diverse. Nazionale Atletica Russa: Se avete qualche dubbio su cosa voglia dire avere una credibilità inferiore a 0, guardate pure il mondo dell'atletica in questo momento. Il doping di stato non è certo finito con il crollo del muro e la "scoperta" di come gli scienziati della DDR riempissero di ormoni le loro atlete (vedi Heidi Krieger), ma continua anche ora, sotto la bandiera russa, con gli 007 russi che avrebbero distrutto oltre 20000 provette con la "prova del delitto", ovvero il sangue dopato degli atleti russi. E adesso sono a rischio anche le olimpiadi di Rio per la spedizione russa.... Beccati. Risultato: Lo scandalo di dimensioni ciclopiche provocato dal doping di stato russo e gli effetti che potrebbe avere questo sulle prossime Olimpiadi fa passare il turno all'atletica del Cremlino Seconda sfida: Donald Trump: Miliardario, anziano, capelli finti, candidato alla presidenza del paese, idee politiche populiste e irrealizabili, gaffe razziste, sessiste e xenofobe. No, non parlo dell'uomo che ha governato il nostro paese negli ultimi vent'anni, sto parlando dell'americano Donald Trump, candidato alle primarie repubblicane, principale favorito alla vittoria. A sto punto meglio Bush. L'uomo entrato sulla pista di Singapore: A Singapore i commissari di pista non è che siano geni, ma si sono fatti gabbare da uno peggio di loro. Come lo volete chiamare sennò uno che durante un gran premio di Formula 1 entra in pista incurante delle macchine che corrono a 200km/h e cammina come se niente fosse? Pazzo. Risultato: In una sfida curiosa e stravagante, passa suo malgrado l'aspirante Berlusconi d'America, che con le sue dichiarazioni si sta rendendo sempre più ridicolo e più inadatto a occupare lo Studio Ovale Terza sfida: Volkswagen: Il più grande gruppo automobilistico mondiale si è reso autore di una grossa truffa ai danni di milioni di persone, avendo truccato i dati sulle emissioni di gas di quasi tutte le loro macchine. In parole povere, inquinavano più di quanto era scritto. In tutto questo grosso patatrac è da sottolineare come neanche 12 ore dopo l'esplosione dello scandalo fossero già state presentate le dimissioni irrevocabili di molti tra i dirigenti della fabbrica. Come se non bastasse, la sera stessa il fiore all'occhiello della casa tedesca, il Wolfsburg, veniva umiliato dal FC Lewandowski nella sua serata di massimo splendore. Sgasati. Germania all'Eurovision 2015: Un disastro uno dopo l'altro per il Big 5 più importante, l'ultimo dei grandi a vincere con "Satellite" di Lena. Partendo dalla finale. Andreas Kummert, vincitore di The Voice of Germany aveva trionfato con il suo pezzo, ma in maniera sorprendente ha deciso di rinunciare alla partecipazione, scatenando i fischi del solitamente tranquillo pubblico tedesco. Si qualifica quindi l'esordiente Ann-Sophie, che nonostante una buona prova in finale termina con un clamoroso e rumoroso 0 in classifica, alla pari dei cugini austriaci (primo paese ospitante a finire a 0), inchiodati invece in fondo alla classifica dal clamoroso plagio del brano dei Makemakes, che hanno in pratica portato in scena una canzone dei Coldplay. ZERO. Risultato: Derby di Germania che vede il passaggio del più grande gruppo automobilistico del pianeta. Quarta sfida: NYCFC: Come sempre nel calcio se i risultati non arrivano paga l'allenatore, anche quando basterebbe un po' di logica per abbassare le proprie pretese. Non si può pensare che una squadra appena nata, composta da scarti delle altre squadre del tuo campionato e da ex grandi giocatori che hanno la stessa voglia di correre di un bradipo assonnato, possa andare ai playoff. Anzi, Jason Kreis, il migliore allenatore della MLS, ha fatto un miracolo a salvare la squadra dall'ultimo posto, ma la gratitudine non è cosa del mondo del calcio. Grande Mela, bucata. Karim Benzema: Fai il calciatore, guadagni 8 Milioni di euro l'anno. Aggiungici i guadagni dei tuoi sponsor e delle tue aziende e diventi il calciatore più pagato al mondo, con un patrimonio annuale superiore ai 96 Milioni (!!!!!). Però hai ricattato un tuo collega per un sextape per ricevere da lui 15000 euro. Qualcosa di strano ce lo devi avere e la sua immagine non può che uscirne rovinata. Scoperto. Risultato: Caro Karim, in che guai ti sei buttato. Per lo scandalo del sextape, che lo ha addirittura portato all'esclusione a tempo indeterminato dalla nazionale blues del fenomenale attaccante del Real Madrd SECONDO TURNO Atletica Russa VS Donald Trump Volkswagen VS Karim Benzema TERZO TURNO Donald Trump VS Karim Benzema Karim Benzema è l'ultimo qualificato alla semifinali di questa disonorevole competizione SEMIFINALI MotoGP VS #Messinasenzacqua Sepp Blatter VS Karim Benzema FINALE Moto GP VS Karim Benzema Il risultato è questo. La MotoGP, dopo la pagina più oscura della sua storia, è la sconfitta dell'anno. Gli ultimi avvenimenti hanno segnato per molti fan un punto di non ritorno, che potrebbe portare al calo di questa competizione, visto che ormai neanche i campioni possono essere considerati degni di fiducia. Siete d'accordo anche voi con le valutazioni? Spero di sì, e vi ringrazio per aver letto. Vi auguro (e mi auguro) un anno pieno di gioie e di belle avventure. Bazinga a tutti!! |
Fai clic qui per effettuare modifiche.Fai clic qui per effettuare modifiche. Archivi
Febbraio 2016
Categorie |