Nessuno di noi sa cosa accadrà in questo 2016 da poco iniziato, ma penso che tutti quanti in questo momento stiamo pensando cosa potrebbe accadere di speciale, che cosa potrebbe essere inserito nel nostro album dei ricordi con la data del 2016 (o 2008, se seguite il calendario etiope, o addirittura 2966, se seguite quello berbero). Intanto, in maniera quasi nostradamica, mi lancio in un tentativo quasi impossibile di indovinare qualche previsione su eventi sportivi che segneranno questa annata. Con ogni probabilità, a dicembre prossimo mi ritroverò, con davanti una fetta di pandoro, a ridere leggendo tutte le previsioni assurde fatte in questo pezzo.
Dominio Sagan
Thor Hushovd, Mark Cavendish, Philippe Gilbert, Rui Costa, Michal Kwiatkowski. Tutti questi nomi hanno qualcosa in comune. Sono tutti (grandissimi) ciclisti e sono tutti diventati campioni del mondo, in rigoroso ordine cronologico. Inoltre tutti questi atleti non hanno poi confermato, nella stagione con indosso la maglia iridata, i grandi risultati degni di un campione del mondo, e per questo hanno contribuito alla "Maledizione del mondiale". Se c'è un ciclista che sembra in grado di far tornare la maglia coi colori dell'iride al suo massimo splendore, sicuramente quello è Peter Sagan, il funambolo slovacco laureatosi a Richmond campione del mondo, con uno scatto degno dei migliori finisseur.
Dominio Sagan
Thor Hushovd, Mark Cavendish, Philippe Gilbert, Rui Costa, Michal Kwiatkowski. Tutti questi nomi hanno qualcosa in comune. Sono tutti (grandissimi) ciclisti e sono tutti diventati campioni del mondo, in rigoroso ordine cronologico. Inoltre tutti questi atleti non hanno poi confermato, nella stagione con indosso la maglia iridata, i grandi risultati degni di un campione del mondo, e per questo hanno contribuito alla "Maledizione del mondiale". Se c'è un ciclista che sembra in grado di far tornare la maglia coi colori dell'iride al suo massimo splendore, sicuramente quello è Peter Sagan, il funambolo slovacco laureatosi a Richmond campione del mondo, con uno scatto degno dei migliori finisseur.
In un ciclismo sempre più internazionale e dalla stagione sempre più allungata, Peter Sagan decide di iniziare la sua stagione 2016 al Tour Down Under, e in febbraio, come suo solito, raccoglie tantissime vittorie nelle piccole corse Continental a cui partecipa con la sua Tinkoff-Saxo. Arrivato al meglio alla Tirreno-Adriatico, riceve ottimi segnali per quanto riguarda la Classicissima di Primavera.
Alla Milano-Sanremo vive una gara tiratissima, con tutte le pressioni addosso. Fermati tutti gli avversari sul Poggio, vince con una volata potentissima e finalmente mette una pietra sopra quella infinita lista di secondi posti che hanno accompagnato in questi anni il migliore talento del ciclismo mondiale.
Tutta l'attenzione dei fan del ciclismo si sposta a inizio aprile sul nord della Francia, e si catalizza sull'Inferno del nord, quelle pietre che non guardano in faccia a nessuno, quelle pietre che se trattate con cortesia aiutano anche il più modesto dei gregari, ma che se stuzzicate non guardano in faccia a nessuno, nemmeno se quel qualcuno porta sul petto i colori dell'Iride. Proprio su una di queste pietre storiche della Parigi-Roubaix Sagan fora e con i suoi compagni si lancia in un inseguimento disperato che non ottiene risultati. Una delusione, anticipata in precedenza da un terzo posto nel Giro delle Fiandre.
Peter non ha la benchè minima intenzione di ritornare nel limbo dell'eterno piazzato e concentra tutte le sue forze sul Trittico delle Ardenne, per replicare l'impresa firmata da Davide Rebellin nel 2004. Prima resiste sul Cauberg e vince l'Amstel, a metà settimana doma Huy sopravvivendo a tutti gli attacchi di quei piccoli elfi indiavolati che corrispondono al nome di Vuillermoz, Purito e Valverde, infine brucia in volata Daniel Martin e realizza così una tripletta storica, che consegnano lui e la sua maglia iridata alla storia. Ma per completare una stagione da gloria eterna del paradiso ciclistico è necessaria un'ultima impresa. Un'impresa più grande dell'ennesima maglia verde al Tour, più grande del ritorno alla vittoria nella Grand Boucle. Un'impresa che può arrivare solamente ogni quattro anni e che solo i più grandi sono in grado di realizzare. Quell'impresa è l'oro olimpico di Rio.
La gara non è un tipico percorso da Sagan (per quanto lo slovacco sia capace di vincere in ogni modo) e come al solito Peter dovrà correre da solo, vista la totale assenza di compagni di livello, ma inserirlo tra i favoriti è d'obbligo. Attaccatosi al treno belga per Van Avermaet, approfitterà del lavoro degli avversari per bruciare tutti in volata e laurearsi campione olimpico.
A fine anno, ai Mondiali, perderà la maglia iridata, ma poco importa, visto il dominio impresso dallo slovacco all'intera stagione del ciclismo, che entrerà nella stagione come l'anno in cui Sagan ha dato inizio al suo regno decennale sul mondo delle due ruote.
Higuain Brothers
Il fratello del grande campione, se pratica lo stesso sport del parente, è spesso destinato a essere valutato molto meno rispetto a come lo sarebbe stato se fosse stato figlio unico. Portano sulle spalle la colpa di non aver reso onore al talento del fratello, perché non egualmente forti. Così Beppe Baresi, così Enzo e Aldo Moser scompaiono di fronte ai più famosi Franco e Francesco. Così Federico Higuain viene trattato da molti alla stregua di un Cesar Prates qualunque.
In realtà Federico non prova alcuna invidia per la carriera del fratello (o almeno così lui dice), in primis perché parliamo di due giocatori estremamente diversi per ruolo e personalità, ma anche perché la stessa situazione vissuta da Gonzalo a Napoli è quella che ormai da un paio d'anni vive a Columbus il più grande dei calciatori-Higuain.
Federico Higuain è uno dei talenti più puri del calcio oltreoceano, una tecnica fuori dal comune gli permette di regnare nelle trequarti avversarie e lo rendono un uomo chiave nell'organizzazione dei Crew, creatore di azioni, insieme a Will Trapp, che molto spesso portano alla conclusione finale (e solitamente anche al gol) di Kei Kamara. Altrimenti, il gol lo trova Higuain spesso, e non di rado capita di vederlo realizzare con la sua specialità, ovvero il pallonetto (o chip, se preferite l'inglese). Il suo tiro non è una tripla alla Steph Curry, che si alza con una traiettoria ad arco, come un normale pallonetto, i suoi chip sembrano molto più un normale tiro da fuori, leggermente più lenti. Il pallonetto di Federico è come il Ponte della Musica di Roma. Preciso, semplice, non esageratamente pretestuoso. Un pallonetto modesto come Federico, che non ha la minima intenzione di paragonarsi al fratello minore.
Alla Milano-Sanremo vive una gara tiratissima, con tutte le pressioni addosso. Fermati tutti gli avversari sul Poggio, vince con una volata potentissima e finalmente mette una pietra sopra quella infinita lista di secondi posti che hanno accompagnato in questi anni il migliore talento del ciclismo mondiale.
Tutta l'attenzione dei fan del ciclismo si sposta a inizio aprile sul nord della Francia, e si catalizza sull'Inferno del nord, quelle pietre che non guardano in faccia a nessuno, quelle pietre che se trattate con cortesia aiutano anche il più modesto dei gregari, ma che se stuzzicate non guardano in faccia a nessuno, nemmeno se quel qualcuno porta sul petto i colori dell'Iride. Proprio su una di queste pietre storiche della Parigi-Roubaix Sagan fora e con i suoi compagni si lancia in un inseguimento disperato che non ottiene risultati. Una delusione, anticipata in precedenza da un terzo posto nel Giro delle Fiandre.
Peter non ha la benchè minima intenzione di ritornare nel limbo dell'eterno piazzato e concentra tutte le sue forze sul Trittico delle Ardenne, per replicare l'impresa firmata da Davide Rebellin nel 2004. Prima resiste sul Cauberg e vince l'Amstel, a metà settimana doma Huy sopravvivendo a tutti gli attacchi di quei piccoli elfi indiavolati che corrispondono al nome di Vuillermoz, Purito e Valverde, infine brucia in volata Daniel Martin e realizza così una tripletta storica, che consegnano lui e la sua maglia iridata alla storia. Ma per completare una stagione da gloria eterna del paradiso ciclistico è necessaria un'ultima impresa. Un'impresa più grande dell'ennesima maglia verde al Tour, più grande del ritorno alla vittoria nella Grand Boucle. Un'impresa che può arrivare solamente ogni quattro anni e che solo i più grandi sono in grado di realizzare. Quell'impresa è l'oro olimpico di Rio.
La gara non è un tipico percorso da Sagan (per quanto lo slovacco sia capace di vincere in ogni modo) e come al solito Peter dovrà correre da solo, vista la totale assenza di compagni di livello, ma inserirlo tra i favoriti è d'obbligo. Attaccatosi al treno belga per Van Avermaet, approfitterà del lavoro degli avversari per bruciare tutti in volata e laurearsi campione olimpico.
A fine anno, ai Mondiali, perderà la maglia iridata, ma poco importa, visto il dominio impresso dallo slovacco all'intera stagione del ciclismo, che entrerà nella stagione come l'anno in cui Sagan ha dato inizio al suo regno decennale sul mondo delle due ruote.
Higuain Brothers
Il fratello del grande campione, se pratica lo stesso sport del parente, è spesso destinato a essere valutato molto meno rispetto a come lo sarebbe stato se fosse stato figlio unico. Portano sulle spalle la colpa di non aver reso onore al talento del fratello, perché non egualmente forti. Così Beppe Baresi, così Enzo e Aldo Moser scompaiono di fronte ai più famosi Franco e Francesco. Così Federico Higuain viene trattato da molti alla stregua di un Cesar Prates qualunque.
In realtà Federico non prova alcuna invidia per la carriera del fratello (o almeno così lui dice), in primis perché parliamo di due giocatori estremamente diversi per ruolo e personalità, ma anche perché la stessa situazione vissuta da Gonzalo a Napoli è quella che ormai da un paio d'anni vive a Columbus il più grande dei calciatori-Higuain.
Federico Higuain è uno dei talenti più puri del calcio oltreoceano, una tecnica fuori dal comune gli permette di regnare nelle trequarti avversarie e lo rendono un uomo chiave nell'organizzazione dei Crew, creatore di azioni, insieme a Will Trapp, che molto spesso portano alla conclusione finale (e solitamente anche al gol) di Kei Kamara. Altrimenti, il gol lo trova Higuain spesso, e non di rado capita di vederlo realizzare con la sua specialità, ovvero il pallonetto (o chip, se preferite l'inglese). Il suo tiro non è una tripla alla Steph Curry, che si alza con una traiettoria ad arco, come un normale pallonetto, i suoi chip sembrano molto più un normale tiro da fuori, leggermente più lenti. Il pallonetto di Federico è come il Ponte della Musica di Roma. Preciso, semplice, non esageratamente pretestuoso. Un pallonetto modesto come Federico, che non ha la minima intenzione di paragonarsi al fratello minore.
Improvvisamente però, nel mese di gennaio 2016, una notizia improvvisa sconvolge il tifo di Columbus. Federico Higuain si ricongiunge al fratello a Napoli. In realtà che qualcosa sarebbe accaduto lo si poteva immaginare quando Columbus con la sua prima scelta al Draft scelse Patrick Hodan da Notre Dame University, stesso ruolo e stesse capacità di Federico.
Quindi per la prima volta i fratelli Higuain si ritrovano a giocare insieme e a favorire la scelta è Maurizio Sarri, che vede nel 31enne argentino l'uomo perfetto per ricostruire anche a Napoli il suo 4-3-1-2 empolese, abbandonato nel capoluogo partenopeo dopo le prime difficoltà.
Il contratto prevede un prestito di sei mesi non prolungabile, ma questa scelta è subito rimpianta da Giuntoli e De Laurentiis. Alla prima partita giocata insieme i due subito lo spettacolo è incredibile. Il Napoli ospita il Sassuolo e al trentesimo minuto i due fratelli si lanciano in un uno-due continuo che si conclude con un filtrante del fratello maggiore per il fenomeno di famiglia. Venti minuti dopo Federico mostra la specialità della casa e coglie da 25 metri Consigli fuori dai pali. La famiglia Higuain raggiunge l'estasi massima. Ma la prima partita dei due non è un fuoco di paglia. I due continuano a dare spettacolo e raggiungono la partita decisiva per lo scudetto con un rendimento da urlo. 8 gol e 11 assist per Federico, mentre Gonzalo aumenta di 10 il suo numero di gol e di 4 il suo bottino degli assist. Alla penultima giornata il Napoli vola a Torino a sfidare i granata. In una partita tiratissima si arriva al 90esimo con la partita sullo 0-0, che rimanderebbe alla partita col Frosinone la vittoria del terzo scudetto. L'arbitro Rizzoli fischia una punizione. Federico si prende la responsabilità. Come Michael Jordan alla sua prima finale universitaria con Carolina, e come MJ, Higuain senior la mette. Napoli esplode. Gli Azzurri sono campioni d'Italia. Federico si è preso il suo attimo di gloria in coabitazione col fratello. Per la prima volta in vita sua non è quello più scarso, quello di cui non interessa niente a nessuno. I fratelli Higuain si sono ricongiunti e insieme hanno scritto la storia. Federico a giugno torna a Columbus, con nel cuore il sogno di realizzare un'impresa irripetibile. Dopo aver vinto con il Napoli, FH vuole trascinare i Crew al titolo della MLS scivolato, come il portiere Clark dopo 25 secondi, l'anno prima con Portland. Riprende la squadra in cima alla classifica e la trascina fino alla finale dei playoff. Contro, per la prima volta nella sua breve storia, Toronto, trascinata dalla solita Formica atomica.
Stavolta però niente drammi, il titolo arriva. Justin Meram crossa e Kamara la butta dentro, poi Tchani schiaccia su angolo di Higuain. Nulla può Giovinco che prova ad accorciare le distanze, ma è tutto inutile. Columbus vince la MLS del 2016 e Federico Higuain realizza un doblete di campionati storico, entrando nella memoria di tutti non più semplicemente come il fratello di Gonzalo, ma come un giocatore indipendente. Sicuramente meno talentuoso, ma non meno importante. Perché un fratello di un campione non è mai semplicemente IL fratello, ma è uno sportivo a parte, con una sua carriera e delle sue capacità, e questo, per chi racconta lo sport, dovrebbe sempre ricordarlo.
Ultimo tango a Monaco
Scrivere di Pep Guardiola in un numero ristretto di righe è un qualcosa di estremamente complicato. Anzi, non è assolutamente possibile. Pep il capitano del Barcellona, Pep l'attivista per l'indipendenza della Catalogna, Pep il genio della tattica, Pep l'uomo ossessionato dal calcio. Josep Guardiola i Sala da Santpedor, intellettuale e ossessivo, studioso e carismatico. Un personaggio da film.
Il suo addio al Barcellona ha fatto rumore, e altrettanto ne sta facendo quello al Bayern, dopo un periodo caratterizzato al momento da un dominio totale in Germania, affiancato da una cronica impossibilità di replicare i successi europei di Heynckes.
Diciamoci la verità, in Italia sarebbe impossibile pensare di annunciare il nuovo allenatore sei mesi prima del suo arrivo, con ancora tutta la parte clou della stagione da giocare. I tifosi e i giornalisti passerebbero le giornate a discutere sulla professionalità che possono avere i giocatori con un coach che tutti sanno avere le ore contate. In Germania è leggermente diverso. Heynckes stesso ha realizzato col Bayern il triplete, pur sapendo che Pep avrebbe preso il suo posto, Klopp ha aiutato l'ultima volta il Borussia Dortmund portandolo dall'ultimo al settimo posto, anche se sicuro di voler cambiare aria, e Lewandowski non ha certo smesso di bombardare le reti nel suo ultimo anno nella Ruhr, prima di approdare agli acerrimi rivali bavaresi.
Per questi pochi mesi restanti l'unico compito di Guardiola è quella di abbandonare in Europa la sua veste di scienziato pazzo e sperimentatore che ha mostrato in questi anni a vincere la Champions, l'ossessione, per un top club come il Bayern. La squadra c'è, il gioco pure e al momento il solo Barcellona sembra avere una qualche possibilità di fermare i bavaresi.
Si, esattamente il Barcellona casa madre di Pep, la squadra per cui ha lottato in campo e in cui ha creato un modello di gioco che ancora adesso sta facendo la fortuna di Luis Enrique e che ha creato centinaia di proseliti del guardiolismo nel mondo.
Quindi per la prima volta i fratelli Higuain si ritrovano a giocare insieme e a favorire la scelta è Maurizio Sarri, che vede nel 31enne argentino l'uomo perfetto per ricostruire anche a Napoli il suo 4-3-1-2 empolese, abbandonato nel capoluogo partenopeo dopo le prime difficoltà.
Il contratto prevede un prestito di sei mesi non prolungabile, ma questa scelta è subito rimpianta da Giuntoli e De Laurentiis. Alla prima partita giocata insieme i due subito lo spettacolo è incredibile. Il Napoli ospita il Sassuolo e al trentesimo minuto i due fratelli si lanciano in un uno-due continuo che si conclude con un filtrante del fratello maggiore per il fenomeno di famiglia. Venti minuti dopo Federico mostra la specialità della casa e coglie da 25 metri Consigli fuori dai pali. La famiglia Higuain raggiunge l'estasi massima. Ma la prima partita dei due non è un fuoco di paglia. I due continuano a dare spettacolo e raggiungono la partita decisiva per lo scudetto con un rendimento da urlo. 8 gol e 11 assist per Federico, mentre Gonzalo aumenta di 10 il suo numero di gol e di 4 il suo bottino degli assist. Alla penultima giornata il Napoli vola a Torino a sfidare i granata. In una partita tiratissima si arriva al 90esimo con la partita sullo 0-0, che rimanderebbe alla partita col Frosinone la vittoria del terzo scudetto. L'arbitro Rizzoli fischia una punizione. Federico si prende la responsabilità. Come Michael Jordan alla sua prima finale universitaria con Carolina, e come MJ, Higuain senior la mette. Napoli esplode. Gli Azzurri sono campioni d'Italia. Federico si è preso il suo attimo di gloria in coabitazione col fratello. Per la prima volta in vita sua non è quello più scarso, quello di cui non interessa niente a nessuno. I fratelli Higuain si sono ricongiunti e insieme hanno scritto la storia. Federico a giugno torna a Columbus, con nel cuore il sogno di realizzare un'impresa irripetibile. Dopo aver vinto con il Napoli, FH vuole trascinare i Crew al titolo della MLS scivolato, come il portiere Clark dopo 25 secondi, l'anno prima con Portland. Riprende la squadra in cima alla classifica e la trascina fino alla finale dei playoff. Contro, per la prima volta nella sua breve storia, Toronto, trascinata dalla solita Formica atomica.
Stavolta però niente drammi, il titolo arriva. Justin Meram crossa e Kamara la butta dentro, poi Tchani schiaccia su angolo di Higuain. Nulla può Giovinco che prova ad accorciare le distanze, ma è tutto inutile. Columbus vince la MLS del 2016 e Federico Higuain realizza un doblete di campionati storico, entrando nella memoria di tutti non più semplicemente come il fratello di Gonzalo, ma come un giocatore indipendente. Sicuramente meno talentuoso, ma non meno importante. Perché un fratello di un campione non è mai semplicemente IL fratello, ma è uno sportivo a parte, con una sua carriera e delle sue capacità, e questo, per chi racconta lo sport, dovrebbe sempre ricordarlo.
Ultimo tango a Monaco
Scrivere di Pep Guardiola in un numero ristretto di righe è un qualcosa di estremamente complicato. Anzi, non è assolutamente possibile. Pep il capitano del Barcellona, Pep l'attivista per l'indipendenza della Catalogna, Pep il genio della tattica, Pep l'uomo ossessionato dal calcio. Josep Guardiola i Sala da Santpedor, intellettuale e ossessivo, studioso e carismatico. Un personaggio da film.
Il suo addio al Barcellona ha fatto rumore, e altrettanto ne sta facendo quello al Bayern, dopo un periodo caratterizzato al momento da un dominio totale in Germania, affiancato da una cronica impossibilità di replicare i successi europei di Heynckes.
Diciamoci la verità, in Italia sarebbe impossibile pensare di annunciare il nuovo allenatore sei mesi prima del suo arrivo, con ancora tutta la parte clou della stagione da giocare. I tifosi e i giornalisti passerebbero le giornate a discutere sulla professionalità che possono avere i giocatori con un coach che tutti sanno avere le ore contate. In Germania è leggermente diverso. Heynckes stesso ha realizzato col Bayern il triplete, pur sapendo che Pep avrebbe preso il suo posto, Klopp ha aiutato l'ultima volta il Borussia Dortmund portandolo dall'ultimo al settimo posto, anche se sicuro di voler cambiare aria, e Lewandowski non ha certo smesso di bombardare le reti nel suo ultimo anno nella Ruhr, prima di approdare agli acerrimi rivali bavaresi.
Per questi pochi mesi restanti l'unico compito di Guardiola è quella di abbandonare in Europa la sua veste di scienziato pazzo e sperimentatore che ha mostrato in questi anni a vincere la Champions, l'ossessione, per un top club come il Bayern. La squadra c'è, il gioco pure e al momento il solo Barcellona sembra avere una qualche possibilità di fermare i bavaresi.
Si, esattamente il Barcellona casa madre di Pep, la squadra per cui ha lottato in campo e in cui ha creato un modello di gioco che ancora adesso sta facendo la fortuna di Luis Enrique e che ha creato centinaia di proseliti del guardiolismo nel mondo.
In febbraio il Bayern ritorna sulla scena continentale e sfida la Juventus, finalista l'anno scorso. Non è una partita facile come il quarto di tre anni prima, ma i bavaresi passano grazie a Lewandowski, che intanto sta continuando a umiliare tutti i portieri avversari e ogni record possibile per una punta.
I quarti vengono passati molto più facilmente. Guardiola sfida Van Haezebrouck, uno dei nuovi coach più interessanti, che ha creato il miracolo Gent, che addirittura ha passato il turno col Wolfsburg. Ma la differenza con il Bayern è troppa, e i tedeschi passano con tranquillità alla semifinale dove li aspetta il Real, per vendicare il 4-0 sofferto in casa contro i merengues della Decima con Ancelotti (ovvero colui che due mesi dopo si prenderà in mano il giocattolo di Pep).
Muller e Lewandowski sono in serata di grazia e si confermano quella coppia bruttina da vedere ma estremamente efficace e letale. Due a zero a Madrid, tre a uno in quel dell'Allianz Arena.
La finale di Milano, come nei migliori film, mette di fronte l'eroe al suo passo d'addio contro il suo vecchio amore, in un incrocio tanto romantico quanto elettronicamente instabile.
Rispetto alla semifinale dell'anno prima però, il Bayern non ha assenti da rimpiangere, e la partita sembra destinata ai supplementari, anche grazie ad un miracolo di Neuer su Messi, nonostante ciò che Guardiola dica da sempre della Pulce.
A tre minuti dalla fine Thiago Alcantara, l'altro ripudiato del Barça, lancia lungo sulla fascia, Douglas Costa si lancia in uno dei suoi dribbling da Museo del Louvre e la mette in mezzo. La prende Lewandowski. Gol. Il Bayern vince la Champions. Guardiola ha ballato il suo ballo d'addio. Guardiola ha vinto l'ultima volta in Germania. Il mondo del calcio non è ancora pronto a staccarsi da lui. Pep prepara i bagagli e vola a Manchester, per tentare l'impresa di rendere bella e vincente (oltre che estremamente poetica) una squadra costosa e senza storia. E io non posso che augurargli il meglio.
Wiggo takes it all
Qualunque sportivo, per riuscire a realizzare i propri obiettivi ha bisogno di stimoli. Stimoli che possono essere di qualunque tipo e di qualunque origine. Ad esempio l'amore per uno sport può rendere un giovane più determinato a sfondare in quella disciplina.
L'amore per il ciclismo e per le sue leggende è indubbiamente ciò che ha spinto Bradley Wiggins a porsi ogni volta un obiettivo diverso, e che lo ha portato ogni volta a superarlo brillantemente.
Sir Wiggo, nato a Gent, ma british fino al midollo, in soli 15 anni ha vissuto un'infinità di vite ciclistiche. Nato come pistard figlio d'arte (suo padre Gary fu campione del mondo nella specialità dell'Americana), è diventato il leader mondiale della disciplina, poi, dopo le Olimpiadi di Pechino 2008, ha deciso di tentare l'impresa della vittoria al Tour de France, la corsa delle corse. Un'impresa che a tutti sembrava impossibile. Ma quando la passione ti prende alla gola e ti spinge oltre i limiti stabiliti dal resto del mondo, tutto quanto sembra più facile e possibile. Anche grazie ad un percorso superfavorevole il britannico vince la Grand Boucle, realizzando il sogno di tutti i bambini cresciuti con i pedali sotto i piedi. Come se non bastasse nelle Olimpiadi casalinghe Bradley Marc Wiggins vince l'oro olimpico nella cronometro su strada. Questa vittoria lo rende uno dei personaggi più popolari dello sport inglese. Come l'altra leggenda della pista Chris Hoy, Wiggo e le sue basette diventano MBE, ovvero Member of the British Empire, e diventa quindi per tutti Sir Wiggins.
Se qualcuno non lo avesse ancora capito, Bradley Wiggins è un personaggio totalmente diverso da quelli che siamo abituati a vedere soffrire e sudare su quei comodi sellini.E in questo caso le basette non c'entrano assolutamente nulla. Bradley Wiggins è diverso dagli altri ciclisti perché quella passione che lo ha reso uno dei migliori al mondo sconfina spesso nel rispetto per le grandi corse e per le tradizioni delle due ruote. Lo dimostra il fatto che nel 2013, in barba a tutti gli sponsor che lo avrebbero voluto assolutamente vedere difendere la maglia gialla al Tour, lui abbia scelto di puntare tutto sul Giro d'Italia, perché vincere un Giro e un Tour vale molto di più di terzo posto alla corsa francese da campione in carica. E fa niente che il suo passaggio in Italia sia stato fallimentare, quella sua dimostrazione d'affetto per la corsa rosa vale molto di più di qualunque Trofeo Senza Fine.
La sua terza vita ciclistica è subito successiva al fallimento italiano. Bradley dimostra una perfetta conoscenza della storia sportiva e dell'epica ciclistica e decide di spostare tutte le sue attenzioni sulla Parigi Roubaix. L'inferno del Nord. Vincerla regala un posto nell'Olimpo del ciclismo. In realtà Wiggins non riuscirà a vincerla, ma otterrà un ottimo decimo posto e si ritirerà così dal ciclismo su strada, che lo ha visto anche interrompere il lungo dominio del Panzerwagen Tony Martin nella sfida su strada contro le lancette, vincendo il mondiale a cronometro in quel di Ponferrada.
Adesso, Wiggo, anzi Sir Wiggo è tornato all'amore originale, è tornato alla pista. Subito si è fiondato sul Record dell'Ora, riaperto alle bici da cronometro dopo lo stop della UCI dei primi anni 2000. 54,526 km. Cinquantaquattro kilometri e cinquecentoventisei metri in un'ora. Il baronetto di Gent lo ha definito "simile ad un parto". D'altronde le imprese non sono mai facili, e ancor di più lo sono quelle titaniche, quelle che superano anche i nostri pensieri più rosei, quelle che stampano risultati inumani sui libri dei record.
Arriva il 2016. Arrivano le Olimpiadi. Wiggins affronta la sua ultima avventura su pista prima di concludere, con le ultime "sei giorni" in giro per l'Europa, la sua carriera da leggenda.
Nell'inseguimento a squadre rriva l'oro, ma la sua ultima avventura è quella si dell'inseguimento, ma individuale. Nel velodromo brasiliano, arriva l'ultima grande impresa. L'ultima sfida si è conclusa. L'ennesima vita ciclistica di Bradley Wiggins è finita. Il buen retiro che attende ogni sportivo raggiunge anche le basette più famose del mondo. E ancora una volta, Wiggins ha preso tutto. Wiggo takes it all, come dicevano (quasi) gli ABBA. La passione e l'amore per il ciclismo lo hanno spinto oltre le massime capacità fisiche che Madre Natura gli aveva dotato.
I quarti vengono passati molto più facilmente. Guardiola sfida Van Haezebrouck, uno dei nuovi coach più interessanti, che ha creato il miracolo Gent, che addirittura ha passato il turno col Wolfsburg. Ma la differenza con il Bayern è troppa, e i tedeschi passano con tranquillità alla semifinale dove li aspetta il Real, per vendicare il 4-0 sofferto in casa contro i merengues della Decima con Ancelotti (ovvero colui che due mesi dopo si prenderà in mano il giocattolo di Pep).
Muller e Lewandowski sono in serata di grazia e si confermano quella coppia bruttina da vedere ma estremamente efficace e letale. Due a zero a Madrid, tre a uno in quel dell'Allianz Arena.
La finale di Milano, come nei migliori film, mette di fronte l'eroe al suo passo d'addio contro il suo vecchio amore, in un incrocio tanto romantico quanto elettronicamente instabile.
Rispetto alla semifinale dell'anno prima però, il Bayern non ha assenti da rimpiangere, e la partita sembra destinata ai supplementari, anche grazie ad un miracolo di Neuer su Messi, nonostante ciò che Guardiola dica da sempre della Pulce.
A tre minuti dalla fine Thiago Alcantara, l'altro ripudiato del Barça, lancia lungo sulla fascia, Douglas Costa si lancia in uno dei suoi dribbling da Museo del Louvre e la mette in mezzo. La prende Lewandowski. Gol. Il Bayern vince la Champions. Guardiola ha ballato il suo ballo d'addio. Guardiola ha vinto l'ultima volta in Germania. Il mondo del calcio non è ancora pronto a staccarsi da lui. Pep prepara i bagagli e vola a Manchester, per tentare l'impresa di rendere bella e vincente (oltre che estremamente poetica) una squadra costosa e senza storia. E io non posso che augurargli il meglio.
Wiggo takes it all
Qualunque sportivo, per riuscire a realizzare i propri obiettivi ha bisogno di stimoli. Stimoli che possono essere di qualunque tipo e di qualunque origine. Ad esempio l'amore per uno sport può rendere un giovane più determinato a sfondare in quella disciplina.
L'amore per il ciclismo e per le sue leggende è indubbiamente ciò che ha spinto Bradley Wiggins a porsi ogni volta un obiettivo diverso, e che lo ha portato ogni volta a superarlo brillantemente.
Sir Wiggo, nato a Gent, ma british fino al midollo, in soli 15 anni ha vissuto un'infinità di vite ciclistiche. Nato come pistard figlio d'arte (suo padre Gary fu campione del mondo nella specialità dell'Americana), è diventato il leader mondiale della disciplina, poi, dopo le Olimpiadi di Pechino 2008, ha deciso di tentare l'impresa della vittoria al Tour de France, la corsa delle corse. Un'impresa che a tutti sembrava impossibile. Ma quando la passione ti prende alla gola e ti spinge oltre i limiti stabiliti dal resto del mondo, tutto quanto sembra più facile e possibile. Anche grazie ad un percorso superfavorevole il britannico vince la Grand Boucle, realizzando il sogno di tutti i bambini cresciuti con i pedali sotto i piedi. Come se non bastasse nelle Olimpiadi casalinghe Bradley Marc Wiggins vince l'oro olimpico nella cronometro su strada. Questa vittoria lo rende uno dei personaggi più popolari dello sport inglese. Come l'altra leggenda della pista Chris Hoy, Wiggo e le sue basette diventano MBE, ovvero Member of the British Empire, e diventa quindi per tutti Sir Wiggins.
Se qualcuno non lo avesse ancora capito, Bradley Wiggins è un personaggio totalmente diverso da quelli che siamo abituati a vedere soffrire e sudare su quei comodi sellini.E in questo caso le basette non c'entrano assolutamente nulla. Bradley Wiggins è diverso dagli altri ciclisti perché quella passione che lo ha reso uno dei migliori al mondo sconfina spesso nel rispetto per le grandi corse e per le tradizioni delle due ruote. Lo dimostra il fatto che nel 2013, in barba a tutti gli sponsor che lo avrebbero voluto assolutamente vedere difendere la maglia gialla al Tour, lui abbia scelto di puntare tutto sul Giro d'Italia, perché vincere un Giro e un Tour vale molto di più di terzo posto alla corsa francese da campione in carica. E fa niente che il suo passaggio in Italia sia stato fallimentare, quella sua dimostrazione d'affetto per la corsa rosa vale molto di più di qualunque Trofeo Senza Fine.
La sua terza vita ciclistica è subito successiva al fallimento italiano. Bradley dimostra una perfetta conoscenza della storia sportiva e dell'epica ciclistica e decide di spostare tutte le sue attenzioni sulla Parigi Roubaix. L'inferno del Nord. Vincerla regala un posto nell'Olimpo del ciclismo. In realtà Wiggins non riuscirà a vincerla, ma otterrà un ottimo decimo posto e si ritirerà così dal ciclismo su strada, che lo ha visto anche interrompere il lungo dominio del Panzerwagen Tony Martin nella sfida su strada contro le lancette, vincendo il mondiale a cronometro in quel di Ponferrada.
Adesso, Wiggo, anzi Sir Wiggo è tornato all'amore originale, è tornato alla pista. Subito si è fiondato sul Record dell'Ora, riaperto alle bici da cronometro dopo lo stop della UCI dei primi anni 2000. 54,526 km. Cinquantaquattro kilometri e cinquecentoventisei metri in un'ora. Il baronetto di Gent lo ha definito "simile ad un parto". D'altronde le imprese non sono mai facili, e ancor di più lo sono quelle titaniche, quelle che superano anche i nostri pensieri più rosei, quelle che stampano risultati inumani sui libri dei record.
Arriva il 2016. Arrivano le Olimpiadi. Wiggins affronta la sua ultima avventura su pista prima di concludere, con le ultime "sei giorni" in giro per l'Europa, la sua carriera da leggenda.
Nell'inseguimento a squadre rriva l'oro, ma la sua ultima avventura è quella si dell'inseguimento, ma individuale. Nel velodromo brasiliano, arriva l'ultima grande impresa. L'ultima sfida si è conclusa. L'ennesima vita ciclistica di Bradley Wiggins è finita. Il buen retiro che attende ogni sportivo raggiunge anche le basette più famose del mondo. E ancora una volta, Wiggins ha preso tutto. Wiggo takes it all, come dicevano (quasi) gli ABBA. La passione e l'amore per il ciclismo lo hanno spinto oltre le massime capacità fisiche che Madre Natura gli aveva dotato.