Elisabeth Kubler-Ross, luminare svizzera di stanza in America dagli anni '60 alla sua morte nel 2004, elaborò nel 1970 un modello a cinque fasi in cui veniva descritto l'elaborazione del lutto da parte dei malati terminali con cui aveva lavorato fin dal suo arrivo oltreoceano.
Questo modello però non è riconducibile solo a coloro che sanno di essere destinati ad una morte in breve tempo, ma può essere utilizzato anche per descrivere la fine di un amore, o per la fine di una Serie TV a cui ci si era fortemente appassionati.
Se nel caso delle relazioni sentimentali non ho al momento alcun riscontro sulla validità del modello della Kubler-Ross, posso con certezza affermare che dividersi da una serie tv è estremamente doloroso, e segue questo modello. La mia esperienza personale si basa sul mio distacco da Mr. Robot, di cui ho letteralmente divorato la prima stagione, serie americana di USA Network, che segue il delirio interiore dell'hacker sociopatico e morfinomane Elliot Alderson e allo stesso tempo la rivoluzione informatica che lo stesso protagonista tenta di attuare con l'aiuto di altrettanto problematici colleghi, raccolti un po' dappertutto nelle periferie di una New York grigia ma luminosa, in cui Elliot viaggia avvolto nella sua contrastante tuta nera con la testa incassata (in una posizione alquanto scomoda) e con gli occhi sempre puntualmente strabuzzati, e sempre in preda ad un dialogo interiore con il suo lato più "umano", che però non appare mai nella serie, alla Godot, lasciando il posto al giovane disagiato che gioca a fare il paladino della giustizia hackerando chi ha commesso piccoli reati facendo soffiate anonime alla polizia.
Andiamo quindi ad analizzare secondo il metodo svizzero la mia separazione (temporanea, visto che l'anno nuovo porterà la serie nuova) dalla creazione i Sam Esmail.
PRIMA FASE: Negazione.
«In principio si nega il lutto come naturale meccanismo di difesa». Appena finito il decimo episodio, il sottoscritto, con l'adrenalina a mille, cerca su qualunque sito di streaming possibile immaginabile gli episodi della seconda stagione, ovviamente senza risultati. Allora mi butto a ricercare tutte le scene tagliate, tutti i ciak sbagliati e tutti i contenuti extra che possono esistere e infine mi butto sulle interviste ai protagonisti, cercando di carpire qualunque cosa utile alla comprensione nel profondo della mente malata di Sam Esmail e delle sue sceneggiature.
Questa dipendenza che si viene a creare, che può portare anche a intere stagioni divorate nel giro di pochi giorni, è ciò che segna in definitiva l'enorme successo delle Serie TV, che ormai hanno raggiunto i picchi creativi e geniali del cinema, ma spalmati su un certo numero di slot da 40 minuti.
D'altronde, diciamoci la verità, se Via col Vento invece che durare 240 minuti durasse tre stagioni da 8 episodi ciascuno, alzi la mano chi si staccherebbe dallo schermo anche solo per un secondo. Penso che non sarebbero in molti, e io non sarei tra questi, nonostante non sia mai riuscito a vedere e a godermi interamente un capolavoro come quello tratto dal romanzo di Margareth Mitchell.
Questo modello però non è riconducibile solo a coloro che sanno di essere destinati ad una morte in breve tempo, ma può essere utilizzato anche per descrivere la fine di un amore, o per la fine di una Serie TV a cui ci si era fortemente appassionati.
Se nel caso delle relazioni sentimentali non ho al momento alcun riscontro sulla validità del modello della Kubler-Ross, posso con certezza affermare che dividersi da una serie tv è estremamente doloroso, e segue questo modello. La mia esperienza personale si basa sul mio distacco da Mr. Robot, di cui ho letteralmente divorato la prima stagione, serie americana di USA Network, che segue il delirio interiore dell'hacker sociopatico e morfinomane Elliot Alderson e allo stesso tempo la rivoluzione informatica che lo stesso protagonista tenta di attuare con l'aiuto di altrettanto problematici colleghi, raccolti un po' dappertutto nelle periferie di una New York grigia ma luminosa, in cui Elliot viaggia avvolto nella sua contrastante tuta nera con la testa incassata (in una posizione alquanto scomoda) e con gli occhi sempre puntualmente strabuzzati, e sempre in preda ad un dialogo interiore con il suo lato più "umano", che però non appare mai nella serie, alla Godot, lasciando il posto al giovane disagiato che gioca a fare il paladino della giustizia hackerando chi ha commesso piccoli reati facendo soffiate anonime alla polizia.
Andiamo quindi ad analizzare secondo il metodo svizzero la mia separazione (temporanea, visto che l'anno nuovo porterà la serie nuova) dalla creazione i Sam Esmail.
PRIMA FASE: Negazione.
«In principio si nega il lutto come naturale meccanismo di difesa». Appena finito il decimo episodio, il sottoscritto, con l'adrenalina a mille, cerca su qualunque sito di streaming possibile immaginabile gli episodi della seconda stagione, ovviamente senza risultati. Allora mi butto a ricercare tutte le scene tagliate, tutti i ciak sbagliati e tutti i contenuti extra che possono esistere e infine mi butto sulle interviste ai protagonisti, cercando di carpire qualunque cosa utile alla comprensione nel profondo della mente malata di Sam Esmail e delle sue sceneggiature.
Questa dipendenza che si viene a creare, che può portare anche a intere stagioni divorate nel giro di pochi giorni, è ciò che segna in definitiva l'enorme successo delle Serie TV, che ormai hanno raggiunto i picchi creativi e geniali del cinema, ma spalmati su un certo numero di slot da 40 minuti.
D'altronde, diciamoci la verità, se Via col Vento invece che durare 240 minuti durasse tre stagioni da 8 episodi ciascuno, alzi la mano chi si staccherebbe dallo schermo anche solo per un secondo. Penso che non sarebbero in molti, e io non sarei tra questi, nonostante non sia mai riuscito a vedere e a godermi interamente un capolavoro come quello tratto dal romanzo di Margareth Mitchell.
SECONDA FASE: La rabbia.
«Quando si realizza la perdita, subentra un enorme carico di dolore che provoca una grande rabbia alle volte rivolta verso sé stessi o persone vicine o, in molti casi, verso la stessa persona defunta».
Scoperta l'amara verità la rabbia porta a scagliarsi contro registi, sceneggiatori e cast intero che non hanno ancora rilasciato la seconda serie "sicuramente perché sono troppo pigri. Sempre detto che gli americani sono inaffidabili". La reazione è dovuta anche all'impotenza che si prova, perché non puoi presentarti da Rami Malek (ovvero Elliot Alderson) e costringerlo a recitarti sul momento l'intera seconda stagione in anteprima mondiale rispetto a tutta la pletora di fan che come il sottoscritto, sta aspettando la fine del montaggio per godersi di nuovo le avventure del suo sociopatico preferito (che però secondo il sottoscritto in una classifica viene subito dopo l'inimitabile Sheldon Cooper).
Siamo in un circolo vizioso che può terminare solamente con il termine definitivo della suddetta serie, che però non farebbe altro che acuire il dolore e aumentare i tempi del passaggio da una fase all'altra.
Ma alla fin fine siamo tutti sulla stessa barca, tutti noi vogliamo sapere come proseguirà il progetto della fsociety e quali armi metterà in campo la Evil Corp per sconfiggere le maschere baffute che li hanno messi in ginocchio.
Esisterebbe una soluzione per saltare le altre tre fasi, che sarebbe molto semplicemente iniziare a guardare un'altra serie, ma io prima di accorgermene avevo oramai passato anche le altre fasi dell'elaborazione del lutto.
«Quando si realizza la perdita, subentra un enorme carico di dolore che provoca una grande rabbia alle volte rivolta verso sé stessi o persone vicine o, in molti casi, verso la stessa persona defunta».
Scoperta l'amara verità la rabbia porta a scagliarsi contro registi, sceneggiatori e cast intero che non hanno ancora rilasciato la seconda serie "sicuramente perché sono troppo pigri. Sempre detto che gli americani sono inaffidabili". La reazione è dovuta anche all'impotenza che si prova, perché non puoi presentarti da Rami Malek (ovvero Elliot Alderson) e costringerlo a recitarti sul momento l'intera seconda stagione in anteprima mondiale rispetto a tutta la pletora di fan che come il sottoscritto, sta aspettando la fine del montaggio per godersi di nuovo le avventure del suo sociopatico preferito (che però secondo il sottoscritto in una classifica viene subito dopo l'inimitabile Sheldon Cooper).
Siamo in un circolo vizioso che può terminare solamente con il termine definitivo della suddetta serie, che però non farebbe altro che acuire il dolore e aumentare i tempi del passaggio da una fase all'altra.
Ma alla fin fine siamo tutti sulla stessa barca, tutti noi vogliamo sapere come proseguirà il progetto della fsociety e quali armi metterà in campo la Evil Corp per sconfiggere le maschere baffute che li hanno messi in ginocchio.
Esisterebbe una soluzione per saltare le altre tre fasi, che sarebbe molto semplicemente iniziare a guardare un'altra serie, ma io prima di accorgermene avevo oramai passato anche le altre fasi dell'elaborazione del lutto.
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