6 Agosto 2012. Con ogni probabilità quel giorno si è raggiunto il punto più basso della storia dell'atletica italiana, nel bel mezzo delle peggiori Olimpiadi della FIDAL, con una sola medaglia, portata a casa da Fabrizio Donato nel salto triplo. Quel giorno Alex Schwazer, il campione olimpico nella marcia alle Olimpiadi del 2008, veniva trovato positivo all'Epo, in un controllo effettuato una settimana prima, quando il nostro si stava preparando alla partenza per Londra, dove avrebbe difeso da favorito la sua medaglia.
Da quel momento è partito lo scandalo più chiacchierato che l'atletica azzurra avesse conosciuto. Alex Schwazer ha rilasciato tantissime testimonianze, tutte differenti l'una dall'altra, l'ex fidanzata Carolina Kostner è finita anch'essa sulla graticola per averlo coperto (sfido chiunque sia innamorato di una persona a fare il contrario), e altre decine di atleti sono finiti nell'occhio del ciclone. Tutti quanti hanno pagato, a volte in maniera esagerata. Quasi quattro anni di squalifica per l'ex testimonial della Kinder, un anno e quattro mesi per la Kostner (!!!!!), e ventisei atleti hanno ricevuto pesanti richieste di squalifica. Tra di loro nomi pesantissimi, come Andrew Howe e il campione europeo della maratona Daniel Meucci.
Intanto l'intera disciplina è finita nei guai, perdendo, agli occhi degli appassionati, quel poco di credibilità che le rimaneva. L'inchiesta della tv tedesca ARD ha infatti scoperchiato il vaso di Pandora dell'atletica russa. Un doping di stato che avrebbe portato all'alterazione di migliaia di provette contenenti sangue di atleti dopati, protetto dalla federazione stessa. Un'associazione a delinquere di stampo sportivo che ricorda tanto la Germania Est e le sue donne bioniche, a volte costrette dalle infinite quantità di ormoni presi in carriera a cambiare sesso.
Dopo la squalifica Alex Schwazer ha deciso di iniziare un percorso di redenzione, guidato da Sandro Donati, ovvero il nemico numero uno del doping, il consulente della WADA che si è sempre opposto a questa pratica, andandoci giù duro, ai tempi, anche con Marco Pantani, l'idolo di un'intera nazione. Alex Schwazer aveva intenzione di dimostrare che l'Epo era stato solo un errore, e soprattutto voleva far vedere a tutti che l'oro olimpico di Pechino non era in alcun modo ascrivibile ad aiutini extraregolamentari, ma solo frutto del suo talento e del suo allenamento.
Alex ha messo la testa a posto
Una frase dello stesso Alex spiega bene la situazione in cui l'altoatesino si ritrovava fino a stamattina, prima dell'inizio della 50km di Roma valevole per il mondiale di marcia: "Se tornerò ai miei livelli di un tempo, salterà sempre fuori qualcuno che dirà <<si dopa ancora>>. Se sbaglierò, qualcun altro sosterrà che è perché non mi drogo più." Con questo stato d'animo Schwazer si ripresentava al suo ritorno al professionismo.
Alla prima gara dopo tre anni e nove mesi di squalifica Alex Schwazer si è laureato campione mondiale di marcia, trascinando la nostra nazionale (padrona di casa) al titolo a squadre. Una vittoria tanto sorprendente quanto celebrata da noi italiani, quanto contestata dai suoi rivali, non proprio convinti da un tale ritorno dell'ex campione olimpico.
I dubbi possono essere legittimi, ma penso che al momento sia necessario fidarsi dell'altoatesino. Si è messo nelle mani di un allenatore di livello incredibile, assoluta garanzia contro il doping e completamente affidabile. Da lui passano le speranze dell'Italia di aprire il medagliere olimpico nell'atletica, anche se nel resto del mondo la sua figura è vista quasi alla pari di quella di Justin Gatlin, da una parte fenomenale atleta, unico rivale di Bolt, ma dall'altra visto come il Cattivo ragazzo per la sua doppia positività al doping.
L'unica cosa certa è quanto in pochi mesi sia cambiata la percezione di Schwazer non nei media, bensì nella stessa classe dirigente italiana. L'esempio chiave è quello di Alfio Giomi, presidente FIDAL, che fino a settembre affermava che "Preferisco un ventesimo posto", bocciando in pratica la possibilità di portarlo a Rio, salvo diventare molto più accomodante con i mesi, fino ad arrivare ad una celebrazione del campione chiamato a salvare le sorti dell'attività sportiva per eccellenza.
La speranza è che il lavoro di Schwazer non sia stato solo di facciata, e che riesca a farci innamorare di nuovo delle sue imprese, come fatto in quella bollente giornata pechinese di ormai otto anni fa.