Le volpi, nella mitologia cinese, rappresenta uno spirito prevalentemente femminile, dotato di quelle qualità di astuzia, e sono estremamente abili nel tessere inganni. Nemmeno la cultura greca, e nello specifico Esopo, rappresenta in maniera questo animale dal volto simpatico.
La volpe simboleggia la furbizia, nel senso spregevole del termine. Questo animale utilizza la sua intelligenza per truffare noi altri ingenui. E noi molto spesso ci caschiamo.
Ci sono delle Volpi, che in questi mesi, ci hanno fatto innamorare tutti quanti noi appassionati di calcio, perché simbolo di una visione sportiva che sembrava ormai superata, schiacciata dallo show-business e da quelle tre-quattro squadre che dominano il calciomercato europeo. Avete esattamente capito di chi sto parlando. Parliamo delle Foxes, ovvero del Leicester City, la squadra che un anno fa si ritrovava al diciannovesimo posto della Premier League e che adesso si ritrova ad un passo da un titolo storico.
E se lì a Leicester ci stessero tutti prendendo in giro?
No, non voglio dire che il Leicester non stia meritando il titolo, né che si siano comprati le partite o abbiano assunto particolari sostanze dopanti. Voglio solo dire che dietro al successo delle foxes, c'è molto di più della semplice impresa di Ranieri, Vardy & Co.
Partiamo prima di tutto da un dato certo. La FA è impegnata in un'indagine per chiarire un particolare non chiaro nelle finanze del Leicester.
Nel gennaio 2014 il Leicester, nella persona del proprietario thailandese Vichai Srivaddhanaprabha, annuncia di aver venduto i diritti di sponsorizzazione di magliette e stadio all'azienda Trestellar Ltd, con sede a Sheffield e di proprietà dei figli di Sir Dave Richards, ex presidente dello Sheffield Wednesday, e in stretti rapporti con il businessman thailandese, tanto da essere avvicinato dai media al ruolo di presidente del Leicester. Le stranezze che girano intorno a questa società sono molte. In primis non esiste né un sito né un numero di telefono legato al nome di Trestellar, e nella strada in cui dovrebbe aver sede, non si trovano tracce di questa fantomatica azienda.
Ma ad aver ancor di più attirato l'attenzione della FA è stato quello che è avvenuto il giorno dopo la firma dell'accordo da 11£ Milioni. Infatti la Trestellar ha venduto la sua sponsorizzazione alla King Power, ovvero l'azienda di cui è proprietario Vichai Srivaddhanaprabha. La situazione è in pratica quella che vive anche il Manchester City, il cui sponsor è di proprietà dello stesso sceicco che capeggia i Citizens.
La differenza è che grazie a questo accordo di sponsorizzazione estremamente maggiorato (i rivali del Derby County, con uno stadio più grande, hanno un accordo di sponsorizzazione da 700£ mila) il Leicester City si è potuto permettere di rimanere nei limiti del FPP (non quello della UEFA, bensì quello della Football Association), pur spendendo cifre esagerate (per gli standard della Championship) per gli stipendi di giocatori come Vardy, Morgan e Schmeichel, capisaldi della promozione in Premier e trascinatori in questa straordinaria cavalcata verso il titolo. I primi a ribellarsi a questa sponsorizzazione sono stati proprio gli altri club della seconda serie inglese, che non sono però riusciti a fermare le foxes, che hanno ottenuto la promozione una stagione dopo il drammatico playoff contro il Watford.
Come dimostra l'articolo del Guardian, che per primo nei media si è occupato di questo caso, il caso ha avuto grossa risonanza nel mondo del calcio inglese. Un anonimo presidente di una società di Championship ha affermato che ci troviamo davanti ad un vero caso di doping finanziario, mentre il MP tories Damian Collins ha affermato che il Leicester e il suo tycoon thailandese dovrebbero rispondere pubblicamente riguardo alla vicenda. Ma le foxes non hanno ancora dato una risposta alle nove domande che il Guardian stesso ha posto loro.
Questi sono i fatti, vedremo come si concluderà questa indagine.
Ma questa eventuale frode non spiega il miracolo del Leicester, ma solo la sua promozione in Premier. Il merito di questa stagione è divisibile tra quattro diversi fattori:
-Un allenatore intelligente, con un altrettanto bravo DS
-Undici giocatori con il sangue agli occhi, che hanno capito che ora o mai più.
-Il livello tattico imbarazzante della Premier League
-Le varie annate disastrose delle vere big della EPL
Effettivamente quando uno guarda una partita della Premier League trova molto difficile giudicarla negativamente. Sarà per la meravigliosa cornice degli stadi d'oltremanica, o per i soldi che ogni anno le squadre della Premier spendono per acquistare i migliori talenti del calcio mondiale; insomma, la Premier sembra effettivamente il campionato perfetto. Ma se proviamo a soffermarci sulla tattica, le squadre inglesi sono ad un livello bassissimo da questo punto di vista.
Ho scelto come esempio una partita del Tottenham, squadra che ritengo il top a livello di gioco della Premier. Andando a vedere gli altri si trovano azioni molto peggiori.
Gli inglesi rappresentano un paradosso. Da un lato si bullano continuamente da oltre centocinquant'anni di essere i maestri del calcio, gli inventori di questo sport e quindi, indiscutibilmente, i migliori. Per questo motivo hanno boicottato ogni innovazione tattica al gioco, soprattutto quelle portate da allenatori autoctoni, che si trovavano terra bruciata intorno ed erano costretti ad emigrare all'estero. Chiedere a Bob Houghton e Roy Hodgson, che a neanche trent'anni rivoluzionarono il modo di vedere il calcio in Svezia, ponendo le basi della golden generation del calcio scandinavo negli anni 90, che portarono la stessa Svezia ad un terzo posto mondiale.
Dall'altro lato però le squadre inglesi puntano quasi esclusivamente su allenatori stranieri. So che può sembrare assurdo, ma dalla nascita della nuova Champions League e dalla rinominazione della Premier league, nessun allenatore inglese è riuscito a vincere questi trofei. E se escludiamo il traghettatore valenciano Gary Neville, sono 630 partite che nessun allenatore inglese si siede su una panchina in una partita di Champions League. E se guardiamo alle panchine della Premier, solo tre squadre hanno allenatori sudditi di sua Maestà la regina, e non allenano certo squadre di primo piano.
Tatticamente la Premier è un campionato imbarazzante soprattutto perché al di là della manica il calcio è considerato uno sport di corsa, puramente fisico, e per questo vediamo azioni che definire caotiche è un eufemismo. Nelle squadre giovanili viene instaurato il culto dell'intensità, nemmeno fossimo davanti alla versione-Crozza di Arrigo Sacchi. I ragazzini passano le giornate a correre e prima della maggiore età è molto difficile che conoscano il significato del termine "diagonale difensiva".
Le uniche squadre che mostrano un gioco tatticamente godibile e sono ben organizzate in fase di costruzione sono il Tottenham secondo in classifica, il Bournemouth dell'inglese Howe e a sprazzi il nuovo Liverpool di Jurgen Klopp. Nemmeno il Leicester si tira fuori dalla piattezza tattica del tanto celebrato miglior campionato al mondo.
Per dominare la stagione a Ranieri è bastato utilizzare un gioco elementare. La posizione finale in classifica è probabilmente merito della stagione fenomenale dei suoi, ma indubbiamente ci sono anche grosse colpe da parte delle varie squadre che erano attese a lottare per il titolo. Un'epidemia improvvisa che sembra aver colpito tutte insieme Arsenal, Manchester (ambo i lati), Liverpool e soprattutto Chelsea.
Poi se il tuo attaccante nella tipica stagione di grazia trova gol del genere diventa tutto molto più facile.
Le big multimilionarie della Premier hanno fatto a gara per il premio di fallimento dell'anno del calcio europeo.
Ognuna ha il suo motivo: L'Arsenal di Wenger sembra incapace di mantenere una continuità e di vincere quando gioca male, eppure il Charity Shield sembrava aver chiarito a tutti che dopo vent'anni il francese era riuscito ad accettare anche di mettere il bus davanti alla porta. Il Manchester City ha pagato l'insofferenza del sempre più lontano dagli Sky Blues Manuel Pellegrini. I loro rivali cittadini hanno invece sofferto la mancata elasticità tattica di LVG, e il Liverpool è nel mezzo della più totale ricostruzione dalle macerie del post-scivolone di Gerrard.
E il Chelsea, beh, il Chelsea ha pagato uno spogliatoio invivibile e l'incapacità di Mourinho di risolvere la situazione.
In questa situazione ci si poteva aspettare una sorpresa, ma non ci si aspettava che quella sorpresa fosse veramente capace di arrivare fino in fondo. E come al solito, in Italia ci siamo affrettati a salire sul carro del vincitore di Ranieri, "uno dei più sottovalutati allenatori italiani", "un grandissimo conoscitore di calcio" e "uno che sa come realizzare certe imprese", dimenticandoci, o facendo finta di dimenticare, che giusto qualche mese prima eravamo in prima fila mentre l'allenatore testaccino era lì, sulla pubblica piazza, vittima di ogni tipo di presa in giro dopo il disastro colossale realizzato con la nazionale greca.
Se il Leicester vincerà la Premier, molti italiani hanno già prenotato il volo per l'Inghilterra, per festeggiare questo miracolo con i tifosi autoctoni. Molti di questi nostri connazionali negli ultimi mesi hanno pontificato su quanto fosse malmesso il calcio italiano con le promozioni in Serie A di Carpi e Frosinone.
Questo è il merito indubbio della Premier League. Riuscire a far passare qualunque cosa accada tra le mura di quegli stadi leggendari come un ricordo da tramandare ai posteri. Anche quando questo ricordo non è altro che l'esempio lampante della povertà (di gioco) del campionato più bello del mondo.