Il Giro d'Italia edizione numero 99 è arrivato ai piedi delle Alpi, e in questo weekend si appresta a vivere i suoi momenti decisivi.
Le prime due settimane di gara hanno visto ritiri eccellenti sia per le volate (Greipel e Kittel, ovvero gli unici a vincere allo sprint in questa edizione) sia per la classifica (Landa) o presunta tale (Dumoulin), ma i due più grandi favoriti della vigilia, ovvero Nibali e Valverde, sono ancora in gara.
Entrambi hanno dimostrato di avere delle squadre di altissimo livello, e alcuni dei gregari di Movistar e Astana avrebbero le qualità per essere leader da altre parti. Al momento ritengo che tra i due top rider, quello che abbia dato i segnali migliori sia stato lo spagnolo. Valverde ha dato una grande prova di forza, o perlomeno di sicurezza nelle sue capacità nella salita dell'Alpe di Poti, guidando l'attacco alla maglia rosa di Tom Dumoulin, entrato in crisi sulla salita aretina.
Nibali invece ha sempre dimostrato di esserci, ma quelle poche volte che è andato all'offensiva non ha fatto la differenza, anzi, nella tappa di Roccaraso è stato rimbalzato indietro dal contrattacco della stessa maglia rosa olandese, subito dopo essere stato ripreso.
I capitani rispettivamente della Movistar e dell'Astana restano comunque i due indiziati principali per conquistare il Trofeo Senza Fine.
Gli ultimi ricordi in rosa dello Squalo
Vediamo però un borsino dei possibili outsider di questo Giro. Il segno più o meno accanto al loro nome indica i loro miglioramenti o peggioramenti rispetto alle previsioni che erano fatte in quel di Appeldoorn.
Steven Kruijswiijk (NED), Lotto NL-Jumbo, +2
L'anno scorso l'olandese fu, insieme ai tre moschettieri poi finiti sul podio, il migliore sulle montagne, con prestazioni straordinarie come quella sul Mortirolo, ma la sua classifica era stata compromessa da un inizio a dir poco disastroso.
In questa stagione però è arrivato ai piedi delle Alpi con una classifica molto più positiva, e può giocarsi tutte le sue carte. Se non fosse per una squadra per niente all'altezza della lotta per la classifica, sarebbe un candidato ancora più credibile per la Maglia Rosa.
Esteban Chaves (COL), ORICA-Greenedge, +2
Dopo il drammatico incidente al Laigueglia 2013, Esteban Chaves è finalmente ritornato ad alti livelli, e domani affronterà la prima tappa di alta montagna da leader della sua squadra.
Ha superato con estrema difficoltà le due cronometro, prendendo lì tutto il suo ritardo, ma le sue capacità sono quelle tipiche dello scalatore colombiano e ha tutte le potenzialità per recuperare. Non penso abbia possibilità di vittoria, ma può tranquillamente diventare il terzo incomodo sulle Alpi
Rafal Majka (POL), Tinkoff, 0
Lo scalatore polacco è uno che ama salire col suo passo, e che mal sopporta eccessivi e troppo violenti cambi di passo. Se c'è un ciclista che in questi anni ha saputo lanciarsi in grandi imprese però, quello è proprio il capitano del team russo, vincitore di tre tappe al Tour (tutte dopo una lunga fuga) e sopratutto della leggendaria maglia a pois.
Rispetto al giovedì di Appeldoorn, le sue quotazioni sono a mio parere stabili. Non sembra aver approfittato di cali altrui ma sembra anche messo in una posizione migliore rispetto a gente che era considerata più di lui ad inizio Giro.
La strafottenza di chi sa di essere forte.
Il'nur Zakarin (RUS), Katusha, -2
Il capitano della squadra russa paga senza dubbio la drammatica cronometro del Chianti, in cui ha passato più tempo steso per terra che in piedi. Un vero peccato, perché Zakarin, per quanto dotato di uno stile a dir poco inguardabile, e fin troppo froomiano, in salita vale molto, ma per quanto possa essere rapido nel leccarsi le tante ferite provocate dalle sue scivolate, parte da una posizione molto arretrata in classifica.
Lungi da dire che il suo giro è concluso, ma al momento le sue speranze sembrano più rivolte ad una vittoria di tappa che alla vittoria dell'intera corsa rosa.
Rigoberto Uran (COL), Cannondale, -4
L'unica parola per definire il Giro d'Italia fino a questo punto di Ciccio Uran, secondo nel 2013 e nel 2014, è disastro. Su tutta la linea. Ha pagato in montagna e a cronometro, si è staccato in collina e sopratutto non si è mai fatto notare, cosa strana per un personaggio solare come lui.
Arrivato a ventinove anni, Rigoberto sembra non riuscirci a scrollarsi di dosso la sua aurea di talento inesploso del ciclismo, e non è mai riuscito a fare quel salto di qualità necessario.
Infine, una piccola considerazione per questo altrettanto breve articolo. Guardando le altimetrie delle varie tappe, fa piacere la presenza di grandissime salite in ogni tappa. Molte di queste salite rischiano però di essere assolutamente ininfluenti a causa dell'atteggiamento dei ciclisti negli ultimi anni. Nessuno sembra più cercare l'impresa, con forse solo l'esclusione di Nairo Quintana giù dallo Stelvio nel 2014, e si preferisce stringere una sorta di non belligeranza fino agli ultimi chilometri della salita in cui si formano i (brevi) distacchi della classifica generale.
In questa maniera c'è il rischio che il Giau, il Colle dell'Agnello e il Col de la Bonette vengano affrontate a passo di gregge e che si trasformi la tappa in una processione stile classica tappa del Mont Ventoux, con 120 km di pianura prima della salita finale. Questa sembra essere la direzione del ciclismo moderno, ma sarebbe bello un maggiore coraggio da parte degli atleti. Servirebbero grandi imprese per riavvicinare ancor di più il pubblico del ciclismo.